Il titolo può sembrare provocatorio , ma essendo il Cardinale , imparentato con un giocatore di calcio la cosa mi sembrava intrigante. Inoltre, essendo il Pizzaballa calciatore un portiere , il porporato ha buone doti di tattica .
Ma veniamo ora alle cose serie
L’ipotesi di un pontificato affidato al cardinale Pierbattista Pizzaballa rappresenterebbe molto più di una semplice scelta personale o curriculare: sarebbe un gesto di grande valore simbolico, un messaggio potente rivolto non solo al mondo cattolico, ma all’intera regione mediorientale e, in modo più ampio, all’umanità che osserva con trepidazione l’evolversi di dinamiche complesse in Terra Santa. In un’epoca in cui la frammentazione religiosa, le tensioni politiche e i conflitti sembrano inasprirsi, l’elezione di un pontefice profondamente legato a Gerusalemme e al suo microcosmo religioso potrebbe rappresentare un atto profetico di riconciliazione e dialogo.
Pierbattista Pizzaballa conosce intimamente le sfide del Medio Oriente. Francescano, formatosi all’interno della Custodia di Terra Santa, ha dedicato la maggior parte della sua vita sacerdotale proprio alla regione dove cristianesimo, ebraismo e islam si incrociano nella quotidianità e nel dolore, nella speranza e nella fatica della convivenza. La sua esperienza come Custode di Terra Santa (2004-2016) e poi come Patriarca latino di Gerusalemme (dal 2020) gli ha conferito una competenza unica, sia dal punto di vista pastorale che politico.
In una Chiesa sempre più universale e policentrica, la sua elezione offrirebbe un segnale chiaro: la Chiesa cattolica non è solo “romana”, ma profondamente radicata nei luoghi delle sue origini. L’attenzione tornerebbe così su Gerusalemme, città sacra alle tre grandi religioni monoteiste, e sulla Terra Santa, troppo spesso dimenticata dai media e dalle agende internazionali, se non in occasione di tragiche recrudescenze di violenza.
Scegliere Pizzaballa significherebbe riportare il Medio Oriente al centro del cammino della Chiesa, non come teatro di conflitti da commentare a distanza, ma come cuore pulsante della fede e della missione cristiana. Sarebbe un riconoscimento della vitalità delle comunità cristiane della regione, spesso minoritarie, perseguitate o emarginate, ma ancora capaci di testimonianza viva e coraggiosa.
Il Medio Oriente, infatti, pur rappresentando oggi una piccola percentuale della popolazione cristiana globale, ha un’importanza spirituale sproporzionata rispetto ai suoi numeri. È qui che il cristianesimo è nato; è qui che ha preso forma la storia della salvezza. Un pontificato proveniente da questa terra avrebbe il sapore di un ritorno alle radici, un invito a non dimenticare il Vangelo vissuto nelle condizioni più difficili.
Inoltre, l’elezione di Pizzaballa sarebbe un gesto di apertura verso le nazioni della Penisola araba, molte delle quali stanno vivendo processi complessi di riforma interna e di maggiore apertura religiosa. Paesi come gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e, in parte, l’Arabia Saudita stanno cercando di costruire un’immagine di modernità e tolleranza, anche attraverso il dialogo interreligioso. Un Papa proveniente da Gerusalemme, esperto nell’arte della diplomazia interreligiosa, potrebbe favorire ulteriormente questi timidi ma importanti passi verso la libertà religiosa e la convivenza pacifica.
La figura di Pizzaballa incarna la necessità di costruire ponti in un’area del mondo dove i muri, concreti e metaforici, sembrano moltiplicarsi. La sua esperienza quotidiana di dialogo non solo con le autorità israeliane e palestinesi, ma anche con le comunità musulmane, ebraiche e cristiane, lo ha reso un artigiano della pazienza e della diplomazia.
In una regione segnata da profonde ferite identitarie, dove ogni parola e ogni gesto possono essere interpretati come schieramento politico, la sua capacità di mantenere una posizione di equidistanza senza rinunciare alla verità evangelica è un dono raro e prezioso. Questa attitudine sarebbe essenziale in un pontificato chiamato a navigare non solo le complessità interne alla Chiesa, ma anche quelle del mondo globale, frammentato tra nuove guerre fredde, nazionalismi religiosi e crisi migratorie.
Un Papa come Pizzaballa sarebbe anche una risposta alle esigenze di un cattolicesimo sempre più impegnato nel favorire il dialogo islamo-cristiano. Il documento sulla “Fratellanza umana” firmato da Papa Francesco e dal grande imam di al-Azhar nel 2019 ha tracciato una strada che un Papa esperto della realtà mediorientale potrebbe approfondire, consolidando legami di amicizia e collaborazione anche dove sembrano impossibili.
L’eventuale elezione del cardinale Pierbattista Pizzaballa al soglio pontificio avrebbe un carattere eminentemente simbolico, ma proprio per questo dirompente. Sarebbe una scelta capace di scuotere coscienze, di rimettere al centro l’urgenza della pace in Terra Santa, e di offrire una testimonianza viva di una Chiesa che non si chiude in se stessa, ma si fa pellegrina tra le ferite del mondo.
Sarebbe anche un invito ai cristiani d’Occidente a riscoprire l’importanza della radice orientale della loro fede e a non dimenticare i fratelli e le sorelle che ogni giorno testimoniano il Vangelo nella precarietà e nella speranza. In un mondo che sembra preferire la costruzione di barriere alla fatica del dialogo, un pontificato di Pizzaballa potrebbe davvero segnare l’inizio di una stagione nuova, in cui il Medio Oriente non sia più visto solo come problema geopolitico, ma come spazio possibile di incontro, di riconciliazione e di autentica fraternità.
Marco Baratto