La Chiesa archivia Trump e si prepara allo scontro con Vance

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Mag 9, 2025 #politica, #religione, #USA, #Vance

Con l’elezione al soglio pontificio del cardinale Robert Francis Prevost, divenuto papa con il nome di Leone XIV, la Chiesa cattolica ha lanciato un messaggio inequivocabile: l’era Trump (almeno per la Chiesa) è ufficialmente chiusa.

Nonostante gli elogi e i saluti diplomatici inviati da Trump , la scelta di un papa moderato, pastore e uomo di sintesi, indica che la Santa Sede ha spostato lo sguardo oltre Donald Trump. Il vero interlocutore — e avversario — della Chiesa nel prossimo futuro ha un altro nome: JD Vance.

Prevost non è un progressista militante, né un conservatore ideologico. È stato definito “un dignitoso uomo di centro” dal confratello agostiniano padre Michele Falcone, ed è noto per la sua capacità di mantenere un equilibrio tra le varie sensibilità presenti nella Chiesa globale. Ma questa sua apparente moderazione cela una decisione strategica precisa: mettere la Chiesa nelle condizioni di affrontare con lucidità e fermezza la sfida che si profila all’orizzonte.

Quella con una nuova destra radicale, tecnologicamente potente e teologicamente ambigua, incarnata da JD Vance.

JD Vance, attuale vicepresidente americano e potenziale candidato vincente alle presidenziali del 2028, rappresenta per molti versi una figura ancora più insidiosa per la Chiesa rispetto a Trump.

Cattolico di facciata, abile nel linguaggio dei “valori tradizionali”, Vance propone una visione del mondo che — pur mascherata da religiosità — si scontra frontalmente con il Vangelo. Il suo cristianesimo appare più identitario che spirituale, più politico che evangelico. Una fede usata come strumento di potere piuttosto che come via di salvezza.

Il motivo per cui Trump ha accettato di includere Vance nel ticket repubblicano non è stato ideologico ma strategico. Il nome di Vance è arrivato da una fonte ben precisa: il cosiddetto triumvirato della nuova destra tecnologica formato da Elon Musk, Peter Thiel e David Sacks. Il vero regista, però, è Peter Thiel, miliardario tedesco-americano con una visione quasi messianica del potere delle élite intelligenti. Thiel ha visto in Vance un cavallo vincente: un uomo capace di parlare all’America profonda, ma anche di navigare agilmente nei salotti della Silicon Valley.

Thiel, scegliendo Vance, ha scommesso sul futuro. Vance è giovane (classe 1984) quindi in grado di andare tranquillamente oltre Trump.

Dal canto suo Donald Trump aveva bisogno di un ponte con le élite tecnologiche della West Coast, storicamente ostili al suo ritorno alla Casa Bianca. JD Vance è stato quel ponte.

Come evidenziato in un’articolo dell’analista George Milosan , ”  JD Vance aveva un grande vantaggio, motivo in più per cui Trump non poteva rifiutare la sua presenza sul “ticket” repubblicano: il suggerimento veniva dal “triumvirato Musk-Thiel-Sacks” e chi aveva orchestrato l’intera azione era Pietro Thiel.(….) Peter Thiel è uno dei membri più influenti del cosiddetto Steerig Committee – il Comitato Direttivo – che organizza, monitora e guida le riunioni del Gruppo Bilderberg. Questo organo decisionale della più importante struttura che guida ufficiosamente la politica economica mondiale e non solo è composto da 29 membri – compresi i due copresidenti – sette dei quali americani. Anche Alex Karp, amico del college di Thiel e CEO di Palantir Technologies, è membro del suddetto comitato.”

Già si aprono nuove prospettive per la carriera di JD Vance, che di fatto ha ipotecato un governo degli Stati Uniti dal 2025 al 2036. Ovvero quattro anni da Vice Presidente e otto da Presidente. Vance  è  il rappresentante della nuova generazione di politici promossi dalla “nuova destra” nel mondo degli affari.

È qui che si apre lo scontro con la Chiesa. Perché la visione del mondo proposta da Thiel e Vance è fondamentalmente incompatibile con l’antropologia cristiana. In questa nuova destra non c’è spazio per la compassione, per la solidarietà verso i più poveri, per l’accoglienza dello straniero. L’identità viene prima della carità, la forza prima della giustizia. È un “cristianesimo” strumentale, usato per giustificare l’autoritarismo e la disuguaglianza.

La chiesa scegliendo Papa Leone XIV, ha voluto tracciare una linea netta: la Chiesa non si piegherà a questa visione. Non si lascerà sedurre da una destra che usa il Vangelo come scudo per difendere privilegi e tecnocrazie. Prevost, uomo mite ma determinato, si prepara ad affrontare un confronto lungo e impegnativo.

Il fatto che Leone XIV, sia relativamente giovane , gli permetterà di coprire esattamente l’intero arco del potere di JDVance. Alla Chiesa non interessa Trump, ormai figura del passato, ma Vance, il volto lucido e carismatico di una destra che promette ordine ma semina esclusione.

La Chiesa, nel suo discernimento, ha compreso che la vera sfida non è solo politica, ma spirituale. Non si tratta di opporsi a un partito o a un’ideologia, ma di difendere la dignità dell’uomo in un’epoca in cui rischia di essere schiacciata tra algoritmi, interessi finanziari e nazionalismi mascherati da religione. Vance è cattolico, sì, ma il suo messaggio è in contraddizione con il cuore stesso del Vangelo.

Per questo, il pontificato di Leone XIV si configura già ora come un argine e un baluardo. Un papato destinato a confrontarsi con l’America post-Trump, con le sue nuove ambizioni imperiali e con le sue sofisticate forme di dominio. Non sarà uno scontro urlato, ma profondo. E il Vaticano si sta già preparando, consapevole che, nei prossimi anni, le tentazioni di potere vestiranno i panni della religione, ma parleranno il linguaggio del profitto.

La scelta di Leone XIV non è un atto neutro. È una profezia. E un avvertimento soprattutto a JD Vance ed alla destra americana che nei fatti tira le fila delle destre sovraniste in tutto il mondo.

Marco Baratto

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