Nonostante la forte presenza della drammaturgia araba oggi, molte serie presentano copie già pronte di produzioni turche, ignorando le opportunità di creatività create dai giovani, soprattutto da coloro che creano nuove opere senza il bisogno di un autore affermato, perché il successo di un’opera si misura dalla sua unicità. Per questo motivo, ne parleremo più avanti.
Qui mi concentrerò su “Al-Turku”, una serie di sei episodi che dimostra come modelli autentici possano avere un impatto più profondo, raggiungendo così un pubblico globale. In quest’opera, Can Yaman dimostra ancora una volta la sua maestria nel trasformare “Hassan” da semplice soldato disertore a simbolo di una rivoluzione interiore, senza eccessi né esagerazioni. Fin dal primo episodio, la narrazione pulsa di un senso cinematografico che unisce storia e fantasy. Da scrittore che apprezza testi nuovi, ho trovato il suo percorso da prigioniero a leader della resistenza un esempio della potenza dell’idea. La recitazione qui si basa sul silenzio e sulle inquadrature intense, non sui dialoghi prolungati. Lo sguardo ansioso di “Hassan” e il suo silenzio, che geme di profondo dolore, costruiscono una drammaticità che vale più di mille parole. In questo campo, la competenza del regista merita un elogio; ha impiegato l’espressione silenziosa per conferire al personaggio una credibilità e un carisma senza pari.
Quanto all’eroina, ha offerto un’interpretazione equilibrata, in armonia con il ritmo della serie; la calma dei suoi dialoghi e la lentezza delle sue emozioni hanno fatto sì che ogni parola suonasse come una saggezza, abbinata a un silenzio più profondo, conferendo al duo una maturità distinta dalla chimica superficiale e veloce. Al di là della struttura della recitazione, “Al-Turku” mantiene una sceneggiatura coerente e un messaggio chiaro: non c’è spazio per scene o inquadrature forzate, ma piuttosto una narrazione che si basa sulla cultura del destinatario e gli offre spazio per la contemplazione. Qui, la forza della sceneggiatura autentica è evidente, riflettendo una rara maturità artistica e umana nel teatro arabo odierno. Come spettatore, mi sono ritrovato attratto dal piccolo schermo con curiosità e passione. In un’epoca in cui si inseguono numeri e ascolti, “Al-Turku” ci ricorda che il vero impatto non si ottiene con il rumore, ma piuttosto con la calma, l’innovazione e la dedizione all’idea. Oltre alla recitazione, Can Yaman merita anche un plauso per la scelta della sceneggiatura.
“El Torco” non è una serie che si affida alle mode, ma piuttosto al messaggio. Non ci sono scene o eventi forzati per il gusto dell’attrazione. Da attore intelligente, rispetta l’intelletto dello spettatore e costruisce la tensione con calma. Da spettatore saudita, mi sono trovato attratto da questo stile perché non assomiglia a produzioni commerciali ripetitive che hanno perso la loro anima. Mentre alcune star sono impegnate a fomentare polemiche o a fare apparizioni mediatiche eccessive, Can Yaman si accontenta del silenzio, del lavoro e di una trasformazione silenziosa.
Non lo abbiamo visto impegnarsi in battaglie a vuoto, né creare confusione con ogni affermazione. Piuttosto, sta sviluppando le sue capacità, come dimostra il fatto che ha iniziato a imparare lo spagnolo per il suo nuovo film spagnolo. Questo di per sé è un segno di maturità artistica e umana. Nonostante tutto questo, i suoi fan sentono la sua mancanza sui social media, soprattutto su Instagram. Speriamo che torni, non solo per condividere i suoi momenti personali, ma anche per aprire una finestra tra lui e il suo pubblico, che gli è rimasto fedele per tutta la sua carriera, me compreso.
FATIMAH AL-AMRO