È arrivato il momento di dire basta. La questione della presunta illegittimità di Papa Francesco non solo è infondata, ma è diventata offensiva e pericolosa. Offensiva verso la Chiesa, verso la memoria di Benedetto XVI e persino verso la storia stessa del papato. Chi alimenta questa narrazione non si limita a criticare un Pontefice, ma mette in discussione l’intera istituzione, insinuando che la successione apostolica si sia interrotta. Eppure i fatti, semplici e chiari, dicono tutt’altro.
Per comprendere l’origine di questa deriva, bisogna tornare alle dimissioni di Benedetto XVI. Nessuno mette in dubbio che quello fu un gesto epocale. Per secoli la rinuncia al pontificato era rimasta un’eccezione rarissima, ricordata più come curiosità storica che come possibilità concreta. Quando nel febbraio 2013 Joseph Ratzinger annunciò la sua decisione, il mondo rimase sorpreso. E con lui anche la Chiesa.
Benedetto XVI non era un uomo di potere, né un politico travestito da Papa. Era un teologo, un raffinato studioso, un intellettuale abituato al silenzio delle biblioteche e alla profondità del pensiero. Proprio per questo, probabilmente, si rese conto di non avere più le energie necessarie per reggere il peso del governo universale della Chiesa. Governare la barca di Pietro richiede forza, lucidità, resistenza. Lui, con onestà, ammise a sé stesso e al mondo di non averne più.
In quella scelta vi fu sicuramente un atto di umiltà. Ma anche un errore. Perché Benedetto non valutò fino in fondo le conseguenze di una rinuncia che avrebbe scosso le coscienze e offerto terreno fertile ai complottisti. Da quel giorno, infatti, una parte del mondo cattolico ha iniziato a fantasticare: due Papi, uno “emerito” e uno regnante; il dubbio su chi fosse davvero legittimo; ipotesi di manovre oscure e di forze nascoste. Tutto questo non ha fatto altro che confondere i fedeli e gettare ombre sulla Chiesa.
La realtà, però, è molto più semplice. Le dimissioni furono valide, la Sede di Pietro divenne vacante e il Conclave elesse Jorge Mario Bergoglio, che prese il nome di Francesco. Non ci sono zone grigie. Non ci sono stati “due Papi”. Ce n’è uno solo, ed era Francesco.
A chiarire questo punto è intervenuto di recente anche mons. Nicola Bux, la cui lettera ha contribuito a riportare la questione su binari di verità. Ma soprattutto è stato il Vaticano stesso a chiudere ogni discussione. Dal sito ufficiale della Santa Sede risulta infatti che Papa Francesco è il 266° Pontefice. E Papa Leone il 267 °
Un dettaglio non da poco. Perché se davvero, come sostengono i complottisti, Francesco fosse illegittimo, perché Papa Leone XIV si sia attribuito il numero successivo , sarebbe semmai dovuto essere il 266° Pontefice non il 267°.
Eppure le voci non si placano. Anzi, si moltiplicano. Alcuni arrivano perfino a contrapporre Francesco a Benedetto, dimenticando che fu proprio Ratzinger a crearlo cardinale. È un paradosso crudele: il Papa emerito viene usato come bandiera contro il suo stesso successore. Una mancanza di rispetto verso entrambi, che tradisce il senso di obbedienza e comunione su cui si fonda la Chiesa.
Siamo davanti a un fenomeno che ha poco di religioso e molto di ideologico. Il complottismo legato al papato somiglia pericolosamente a quello che serpeggia in altri campi. Pensiamo ai movimenti no vax, che ancora nel 2025 riescono a farsi sentire, scagliandosi contro un ministro colpevole solo di aver sciolto una commissione scientifica. Anche in quel caso, come in quello della presunta illegittimità di Francesco, la logica cede il passo al sospetto, la ragione al complottismo.
Il filo conduttore è sempre lo stesso: la diffidenza verso le istituzioni, l’ossessione per trame inesistenti, la convinzione che dietro ogni decisione vi sia un inganno. È la cultura del sospetto che corrode la società civile e la comunità ecclesiale. Una cultura che trasforma ogni scelta in complotto e ogni atto in inganno.
Ma la Chiesa non può vivere di sospetti. La Chiesa vive di fede, di obbedienza, di unità. Se i fedeli smettono di riconoscere l’autorità del Papa, tutto si sfalda. È per questo che il continuare a mettere in discussione la legittimità di Francesco non è un gioco, ma un pericolo serio. Significa minare le fondamenta stesse della Chiesa cattolica.
C’è bisogno di parole chiare. Papa Loene è il 267° Pontefice. È stato eletto legittimamente nel 2025 e continua a guidare la Chiesa universale. Benedetto XVI ha compiuto una scelta difficile e controversa, ma la sua memoria merita rispetto, non strumentalizzazioni. Mons. Bux ha già chiarito la questione. Il Vaticano ha ribadito con dati ufficiali. Non c’è spazio per equivoci.
Chi continua a insistere su questa strada non difende la Chiesa: la danneggia. Non onora Benedetto: lo tradisce. Non ama Francesco: lo delegittima. E soprattutto alimenta quel clima di complottismo che oggi, in politica come nella fede, rischia di avvelenare tutto.
È tempo di chiudere la questione. Con fermezza. Con coraggio. Con rispetto. La Chiesa ha un Papa Leone XIV successore di Papa Francesco. E questo dovrebbe bastare.
Marco Baratto