Chanukkà, conosciuta anche come la Festa delle Luci, è una delle ricorrenze più sentite dell’ebraismo. Si celebra per otto giorni, generalmente tra la fine di novembre e il mese di dicembre, e ricorda un evento storico e spirituale di grande importanza per il popolo ebraico.
Origini storiche
La festa trae origine dal II secolo a.C., quando la Giudea era sotto il dominio dell’impero seleucide. Dopo la vittoria dei Maccabei contro l’oppressione religiosa, il Tempio di Gerusalemme venne riconsacrato. Secondo la tradizione, al momento della riconsacrazione si trovò una piccola quantità di olio puro, sufficiente per mantenere accesa la menorah del Tempio solo per un giorno. Miracolosamente, quell’olio durò otto giorni, il tempo necessario per prepararne di nuovo.
Il significato della luce
La luce è il simbolo centrale di Chanukkà. Ogni sera si accende una candela della chanukkià, un candelabro a nove bracci: otto per i giorni della festa e uno centrale, lo shamash, utilizzato per accendere le altre candele. Questo gesto rappresenta la vittoria della luce sulle tenebre, della libertà sulla repressione e della fede sulla paura.
Tradizioni e usanze
Durante Chanukkà, le famiglie si riuniscono per accendere le candele, recitare benedizioni e cantare canti tradizionali. È consuetudine mangiare cibi fritti nell’olio, come le sufganiyot (dolci simili a bomboloni) e i latkes (frittelle di patate), proprio per ricordare il miracolo dell’olio.
Un’altra tradizione molto amata, soprattutto dai bambini, è il gioco con la dreidel, una trottola a quattro facce con lettere ebraiche che richiamano la frase “Un grande miracolo accadde lì”. Spesso il gioco è accompagnato da piccoli premi o monete di cioccolato, chiamate gelt.
Chanukkà oggi
Oggi Chanukkà è celebrata in tutto il mondo come una festa di identità, memoria e speranza. Pur non essendo una delle festività più solenni dal punto di vista religioso, ha assunto un forte valore culturale e simbolico, soprattutto nelle comunità ebraiche della diaspora.
In un periodo dell’anno segnato dal buio dell’inverno, Chanukkà invita a riscoprire il potere dei piccoli gesti e della luce condivisa, ricordando che anche una fiamma fragile può illuminare a lungo quando è alimentata dalla fede e dalla perseveranza.
Conclusione
Nel mondo contemporaneo, caratterizzato da una crescente interconnessione ma anche da profonde fratture culturali, religiose e politiche, il messaggio di Chanukkà può offrire una chiave di lettura preziosa per promuovere il dialogo interculturale. La luce che viene accesa ogni sera non appartiene solo a una tradizione religiosa specifica, ma parla un linguaggio universale, comprensibile a tutti: quello della dignità umana, della libertà di coscienza e della speranza condivisa.
Il Mediterraneo, culla di civiltà, religioni e scambi millenari, rappresenta oggi uno spazio simbolico in cui questa luce potrebbe brillare con particolare intensità. È una regione che ha dato origine a grandi tradizioni spirituali, filosofiche e culturali, ma che allo stesso tempo è segnata da conflitti, migrazioni forzate, disuguaglianze e incomprensioni reciproche. In questo contesto, il significato di Chanukkà – la difesa dell’identità senza negare l’altro, la resistenza all’oppressione senza rinunciare alla propria umanità – può diventare un punto di incontro tra culture diverse.
Il miracolo dell’olio, che dura più del previsto, può essere letto come una metafora del dialogo: anche quando le risorse sembrano scarse e la fiducia fragile, un impegno sincero e costante può generare risultati inattesi. Il dialogo interculturale non nasce da gesti eclatanti, ma da piccoli atti quotidiani di ascolto, rispetto e riconoscimento reciproco. Come la fiamma della chanukkià, esso cresce gradualmente, una luce alla volta, sera dopo sera.
Chanukkà insegna anche che affermare la propria identità non significa escludere o annullare quella altrui. Al contrario, una identità consapevole e radicata è spesso più capace di aprirsi all’incontro. Questo messaggio è particolarmente rilevante nel Mediterraneo, dove la pluralità religiosa e culturale è una realtà storica prima ancora che contemporanea. Ebrei, cristiani, musulmani e molte altre comunità hanno condiviso per secoli spazi, lingue, saperi e tradizioni, dimostrando che la convivenza è possibile anche nella diversità.
La luce di Chanukkà può quindi essere interpretata come un invito a riscoprire ciò che unisce, senza negare le differenze. Essa non acceca né impone, ma illumina con discrezione, lasciando spazio all’altro. In un’epoca in cui il linguaggio dell’odio e della contrapposizione sembra spesso prevalere, questa luce suggerisce un modello alternativo: quello del confronto pacifico, della parola che costruisce invece di distruggere, della memoria che educa anziché dividere.
Orientare lo sguardo verso il dialogo interculturale significa anche riconoscere le sofferenze reciproche e le ferite ancora aperte. La pace non nasce dall’oblio, ma dalla capacità di affrontare il passato con onestà e responsabilità. Chanukkà, come festa della memoria, ricorda che la storia può essere maestra di resilienza e non solo di conflitto. Ricordare non serve a perpetuare l’odio, ma a evitare che le stesse ingiustizie si ripetano.
Nel Mediterraneo di oggi, attraversato da rotte migratorie e da incontri spesso drammatici tra mondi diversi, il messaggio di Chanukkà può diventare un simbolo di accoglienza e solidarietà. La luce che si accende nelle case può idealmente estendersi alle città, ai porti, alle scuole e ai luoghi di incontro, trasformandosi in un impegno concreto per la pace e la giustizia sociale.
In conclusione, Chanukkà non è solo una festa del passato, ma una proposta per il presente e per il futuro. La sua luce invita a credere che il dialogo interculturale non sia un’utopia, ma una responsabilità condivisa. Che questa luce possa essere un segno di pace per il Mediterraneo, un mare che separa ma che, da sempre, ha anche la capacità di unire. E che, come le candele della chanukkià, ogni popolo e ogni cultura possa contribuire con la propria fiamma a un orizzonte comune di convivenza, rispetto e pace duratura.
Marco Baratto
