RDC: Il Genocost, tra memoria, giustizia e interessi economici

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Ago 5, 2025 #politica, #RDC

La prima commemorazione ufficiale del Genocost, presieduta dal Presidente Félix Tshisekedi alla Cité de l’Union Africaine, segna un momento di svolta nella storia recente della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Non si tratta soltanto di una cerimonia simbolica: dietro questa iniziativa si cela un tentativo di ridefinire la memoria nazionale, rafforzare l’autorità dello Stato e affrontare, finalmente, un capitolo doloroso di impunità che dura da oltre trent’anni.


Il senso del Genocost

Il termine Genocost nasce dall’unione di genocide e cost e definisce la natura particolare del genocidio congolese: un massacro sistematico alimentato da motivazioni economiche. L’estrazione illegale di coltan, cobalto, oro e diamanti ha rappresentato, per decenni, il carburante di conflitti armati in cui milizie locali e attori internazionali hanno tratto profitto dalla destabilizzazione permanente del Paese.

Riconoscere pubblicamente il Genocost significa quindi ammettere che le atrocità non sono frutto del caos casuale, ma di una logica organizzata, funzionale al saccheggio delle risorse naturali. In questo senso, la commemorazione diventa anche un atto politico, una denuncia rivolta sia ai responsabili interni sia alle complicità esterne.


Il nodo dell’impunità

Tshisekedi ha reso omaggio alle vittime e promesso giustizia: «Non risparmierò alcuno sforzo perché questi criminali siano puniti». Parole importanti, ma che si scontrano con una realtà complessa: l’impunità in RDC non è solo frutto della debolezza giudiziaria, ma anche di interessi economici radicati, spesso transnazionali.

Le testimonianze dei sopravvissuti – come Adrienne Kaseka dal Kasaï e Désiré Grodya dall’Ituri – hanno ricordato che la violenza sessuale è stata usata come strumento di guerra per terrorizzare le comunità e spezzarne il tessuto sociale. Ma hanno anche rivelato il peso della stigmatizzazione che impedisce alle vittime di denunciare.


FONAREV: capitale mondiale della riparazione?

Il lancio del FONAREV, Fondo nazionale di riparazione delle vittime, segna un passo concreto verso la giustizia riparativa. Fornirà sostegno legale, economico e sociale alle vittime, mirando non solo al risarcimento, ma anche alla ricostruzione comunitaria e alle garanzie di non ripetizione.

Lucien Lundula, direttore del Fondo, ha dichiarato: «La RDC, un tempo capitale mondiale dello stupro, oggi vuole diventare la capitale mondiale della riparazione». Una frase ambiziosa, che sottolinea la volontà di cambiare narrativa.


Tra memoria e geopolitica

Questa commemorazione non è solo un gesto di memoria: è un messaggio politico interno ed esterno. Internamente, serve a riaffermare il ruolo dello Stato come garante dei diritti fondamentali. Esternamente, richiama la responsabilità della comunità internazionale, spesso accusata di aver chiuso gli occhi di fronte a crimini motivati dal commercio globale delle materie prime.

Il Genocost non è dunque soltanto un evento commemorativo, ma un’operazione di verità e legittimazione politica. Per la RDC, trasformare la memoria in giustizia sarà la sfida decisiva: senza processi concreti e condanne effettive, il rischio è che anche questa iniziativa resti un simbolo più che un cambiamento reale.

Marco Baratto

Di wp