Arcivescovo Delpini: “La città non si salva con il denaro, ma con la dignità”

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Dic 6, 2025 #politica, #religione

Editoriale per la Solennità di Sant’Ambrogio

Nel cuore della Basilica di Sant’Ambrogio, durante i Primi Vespri che tradizionalmente aprono la solennità del santo patrono il 7 dicembre, l’Arcivescovo Mario Delpini ha pronunciato un discorso che va ben oltre la celebrazione liturgica. Un intervento che, come da consuetudine ambrosiana, intreccia fede, storia e analisi della città, affondando le radici nella liturgia ma guardando dritto negli occhi la Milano del presente. È il momento in cui la comunità si raduna per ascoltare una parola che nasce nella preghiera e dal Vangelo, ma si rivolge alla vita civile e al destino collettivo.

Quest’anno, quella parola è suonata come un allarme morale: Milano rischia di diventare una città che cresce solo in superficie, mentre si sgretola nelle fondamenta. E tra le crepe più profonde c’è l’infiltrazione di capitali illeciti nel tessuto economico e immobiliare.


Il denaro sporco come virus della città

Delpini non usa mezzi termini: la città è diventata appetibile per chi ha molto denaro da riciclare. Un denaro che non porta sviluppo, ma corruzione. Un denaro che entra nei quartieri più dinamici e nelle operazioni finanziarie più lucrose, assumendo le sembianze di investimenti moderni e sofisticati, mentre si trascina dietro un “fetore di morte”: quello dei traffici criminali, della violenza, dell’usura, delle economie che si arricchiscono sullo sfruttamento dei fragili.

Il problema non è solo economico. È sociale, culturale, perfino spirituale. È la tentazione della città che, sedotta da capitali luccicanti, rischia di perdere la propria anima. L’Arcivescovo lo dice con chiarezza: l’indifferenza, la paura, l’avidità aprono brecce attraverso le quali il denaro sporco penetra e si radica. Ed è così che il sistema urbano si ammala, come se venisse contagiato da un virus che altera ogni equilibrio e svuota di significato gli sforzi degli onesti.


Una ricchezza che esclude e umilia

Il secondo atto dell’analisi di Delpini è forse ancora più duro: la ricchezza disonesta accumulata in città deruba i poveri della loro dignità.
Il paradosso è evidente: si costruiscono torri scintillanti, si alimenta il mercato degli affitti di lusso, si attirano investitori globali, e intanto cresce il numero delle famiglie senza casa, dei lavoratori poveri, dei senza tetto, di chi viene umiliato da un sistema che considera la vulnerabilità come un fastidio da tenere lontano, non una ferita da curare.

La città che assiste silenziosa a questi processi rischia di diventare un palcoscenico per pochi privilegiati e una periferia esistenziale per molti altri. La lotta non è dunque contro la ricchezza in sé, ma contro quella ricchezza che non produce comunità, che non serve il bene comune, che non crea opportunità ma le sottrae.


La forza della liturgia: perché questo discorso nasce nei Vespri

Collocare un discorso così incisivo all’interno della liturgia dei Primi Vespri non è un dettaglio. È una scelta teologica e pastorale. In quel momento, Milano celebra Sant’Ambrogio: un vescovo che non ebbe paura di parlare al potere, di affrontare i conflitti civili del suo tempo, di denunciare idolatrie politiche e sociali.

Delpini si colloca in quella linea: la Parola di Dio proclamata nella basilica non resta chiusa tra le navate. Diventa criterio per leggere le fragilità della città, diventa fondamento per richiamare tutti – istituzioni, professionisti, cittadini – alla responsabilità.

È il radicamento liturgico, infatti, a dare forza a questo messaggio. Non è un giudizio sociologico, non è un programma politico, non è un editoriale: è il frutto della preghiera comune, del discernimento della Chiesa che, nella festa del suo patrono, non può limitarsi a guardare indietro ma deve guardare a ciò che la città rischia di diventare.


Un appello alla coscienza civile

Il monito dell’Arcivescovo non intende demonizzare Milano. Al contrario, ne difende la vocazione. È un appello affinché la città non perda ciò che la rende grande: la capacità di accogliere, di creare lavoro, di valorizzare l’impegno di chi ogni giorno contribuisce onestamente al bene comune.

Delpini ricorda che la casa comune non cade se gli uomini e le donne – professionisti, imprenditori, servitori dello Stato, educatori, cittadini comuni – si fanno avanti. Ma quella casa rischia di crollare quando ci si abitua all’illegalità, quando si accetta che i più deboli vengano lasciati indietro, quando si permette che il denaro illecito detti le regole del gioco.


Milano davanti al suo patrono: la domanda decisiva

Alla vigilia di Sant’Ambrogio, il discorso dell’Arcivescovo suona allora come un esame di coscienza collettivo.
La domanda è semplice e radicale: che tipo di città vogliamo essere?
Una metropoli brillante e indifferente, fondata su capitali senza volto, o una comunità viva, dove la ricchezza – quella vera – nasce dal lavoro, dalla legalità, dalla dignità delle persone?

Nel silenzio solenne dei Vespri, la risposta non tocca solo ai fedeli presenti. Tocca a tutti. Perché la liturgia, quando si fa voce della città, illumina le sue ferite, ma indica anche la strada per guarirle. Milano ha ancora la forza per scegliere il bene. Ma deve farlo presto. E deve farlo insieme.

Marco Baratto

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