Anchorage, la nuova Yalta: USA e Russia ridisegnano il mondo, Europa spettatrice

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Ago 16, 2025 #politica, #Russia

Il vertice tra il Presidente degli Stati Uniti e Donald Trump da una parte, e Vladimir Putin dall’altra, ha rappresentato un punto di svolta epocale. Quello che a molti era apparso come un incontro interlocutorio si è trasformato in un nuovo spartiacque geopolitico, capace di ridisegnare equilibri globali e di sancire una realtà che fino a pochi mesi fa sembrava impensabile. Il risultato? Stati Uniti e Russia si propongono come vincitori di una partita strategica che lascia l’Europa marginalizzata e l’Ucraina sacrificata sull’altare del bilanciamento mondiale.

Il caso più eclatante è proprio quello ucraino. Kiev si trova davanti a una scelta drammatica: cedere parte dei suoi territori per ottenere in cambio una garanzia di sicurezza che non è l’adesione piena alla NATO, ma una sorta di ombrello militare statunitense. Una soluzione ibrida, che potrebbe assicurare stabilità nel breve periodo ma che consacra la perdita di una parte del Paese come moneta di scambio nella grande trattativa tra Washington e Mosca.

Parallelamente, l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea non rappresenta una conquista di sovranità, ma piuttosto la trasformazione dello Stato in un protettorato economico-politico della Germania. Berlino, infatti, prosegue la sua espansione verso est, inaugurata già durante la guerra nei Balcani con il suo appoggio a Slovenia e Croazia. Oggi, con Kiev, questo processo raggiunge un nuovo apice.

Questo spostamento politico ha conseguenze di vasta portata: un’Europa meno comunitaria e più centrata sugli interessi tedeschi, con una crescente perdita di rappresentanza per gli altri Paesi membri.

Il destino del Vecchio Continente appare ormai legato alla capacità tedesca di imporre la propria visione e la propria egemonia. La CDU, partito un tempo identificato con i valori del cristianesimo democratico, ha smarrito la sua anima moderata trasformandosi in una formazione di destra , non dissimile dall’antico “Centrum , una sorta di versione istituzionale e temperata dell’AfD.

La marginalizzazione degli altri paesi UE e il progressivo isolamento dei Paesi mediterranei accentuano questa dinamica. L’Europa diventa così un continente tedescocentrico, incapace di ritagliarsi un ruolo indipendente nella partita globale.

Al di là dell’Ucraina e dell’Europa, i veri protagonisti di questo nuovo equilibrio sono gli Stati Uniti e la Russia. La possibile pace siglata sul fronte ucraino apre infatti la strada a una cooperazione strategica nell’Artico.

La rotta polare, resa sempre più navigabile dal cambiamento climatico, si presenta come la nuova frontiera dei commerci internazionali e della competizione per le risorse naturali. Qui, Washington e Mosca si trovano paradossalmente alleate e vincitrici, pronte a spartirsi un corridoio che promette di rivoluzionare gli scambi globali.

Per la Russia, questo significa anche emanciparsi dal rapporto asimmetrico con la Cina. L’alleanza con Pechino, rafforzata negli ultimi anni dalle pressioni occidentali, ha mostrato tutti i suoi limiti. Mosca non intende restare subalterna a un partner tanto ingombrante e vede negli Stati Uniti un interlocutore più funzionale a un nuovo bilanciamento.

A conferma di questo rinnovato asse, Putin ha compiuto un gesto carico di simbolismo: l’omaggio ai soldati russi caduti nella Seconda guerra mondiale e sepolti in Alaska. Non si è trattato di un episodio casuale. Durante la conferenza stampa, il presidente russo ha ricordato come la cooperazione tra USA e URSS fosse stata decisiva per la vittoria sul nazifascismo. Anchorage, in questo contesto, è diventata la nuova Yalta: un luogo di incontro e di spartizione, privo però della presenza europea.

Questo parallelismo storico non è solo retorico. Così come a Yalta nel 1945 si delineò la divisione del mondo in sfere di influenza, oggi ad Anchorage si intravede un nuovo ordine, fondato sul pragmatismo americano e sulla resilienza russa. L’Europa, che allora fu coprotagonista, oggi è semplice spettatrice, annidata nell’ombra tedesca.

L’accordo non chiude soltanto una guerra, ma apre scenari completamente nuovi. Gli Stati Uniti ottengono stabilità nel fronte europeo e un alleato utile contro la Cina nella competizione globale. La Russia conquista una legittimazione internazionale che sembrava persa e rafforza la propria autonomia strategica. L’Ucraina salva la sua indipendenza, ma a caro prezzo, e l’Europa si scopre sempre più fragile, incapace di parlare con una sola voce.

Il quadro complessivo è quello di un mondo che si riorganizza intorno a due poli pragmatici e cinici, pronti a spartirsi le nuove rotte commerciali e a dettare le condizioni del gioco internazionale. L’Europa, relegata a terreno di manovra tedesco, rischia di trasformarsi in un soggetto politico irrilevante. E l’Italia, come altri Paesi mediterranei, si trova di fronte alla sfida di non scomparire in un contesto che non lascia spazio a voci fuori dal coro.

Anchorage resterà impressa nella memoria collettiva come la nuova Yalta. Lì dove un tempo si tracciarono i confini del mondo bipolare, oggi si è scritta una nuova pagina di geopolitica. Stati Uniti e Russia si ergono a garanti del futuro ordine globale, mentre l’Europa, prigioniera della sua dipendenza tedesca, osserva da lontano. Il prezzo pagato dall’Ucraina, la marginalizzazione del continente e l’apertura della rotta artica sono tasselli di un mosaico che definisce una realtà incontrovertibile: il centro del potere si è spostato altrove, e il Vecchio Continente non ne è più protagonista.

Marco Baratto

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