In quale lingua possiamo rivolgerci a un occupante che ha perso ogni linguaggio? Quale discorso possiamo rivolgere a una coscienza che non conosce altro che ferro e fuoco? Ciò che sta accadendo oggi a Gaza non è una guerra passeggera, ma un massacro a cielo aperto trasmesso in diretta televisiva, una ferita nel cuore dell’umanità, una prova morale che il mondo affronta ogni giorno.
Oggi, il conflitto è entrato in una nuova fase di escalation: estese operazioni terrestri da parte della potenza occupante, intensi bombardamenti aerei, distruzione di case, sfollamenti di massa e migliaia di civili intrappolati tra le linee di fuoco. Bambini, donne e anziani stanno pagando il prezzo più alto. Gli ospedali non sono in grado di accogliere i feriti, i rifornimenti essenziali come acqua e medicine sono bloccati o interrotti e la fame si sta diffondendo.
Le Nazioni Unite avvertono che quanto sta accadendo potrebbe costituire un crimine di guerra o addirittura un genocidio, ma la risposta internazionale sembra incapace di fermare la macchina di uccisioni e distruzione. Per quanto tempo i civili saranno tenuti in ostaggio? Per quanto tempo la comunità internazionale rimarrà testimone silenziosa di un massacro commesso sotto gli occhi del mondo? Dove sta andando il conflitto?
L’escalation odierna non è casuale, ma fa parte di una strategia per indebolire la resistenza materialmente e moralmente e imporre una nuova realtà sul campo prima di qualsiasi accordo politico.
L’obiettivo dichiarato è l’infrastruttura militare di Hamas, ma i civili sono il bersaglio indiretto principale.I rapporti internazionali sui diritti umani raccolgono prove di violazioni che potrebbero costituire crimini di guerra. Ciò pone Israele di fronte a una sfida legale e morale, ma la pressione politica internazionale spesso rende sanzioni o risoluzioni solo parzialmente efficaci.
Condanne e dichiarazioni non bastano. L’impotenza e la doppiezza internazionale nel gestire l’occupazione sono evidenti quotidianamente. Alcuni Paesi agiscono secondo i propri interessi, mentre altri restano a guardare, lasciando Gaza vittima del silenzio globale. Gaza non è solo un territorio assediato, ma un grido umanitario: scuole distrutte, ospedali inutilizzabili e una popolazione privata dei beni di prima necessità. Eppure, la popolazione di Gaza continua a perseverare, resistendo alla macchina militare e alla forza dell’assedio, dimostrando che la dignità umana non si sconfigge facilmente.
Proteggere i civili è una necessità urgente, insieme al ritorno a negoziati trasparenti supervisionati da organismi internazionali neutrali.
- Aprire corridoi umanitari sicuri: per fornire cibo, acqua, medicine e carburante.
- Un’indagine indipendente sui crimini: con responsabilità legale per chiunque sia provato essere coinvolto in violazioni del diritto internazionale.
- Pressione diplomatica ed economica: sui paesi che supportano la logistica dell’occupazione, per fermare i rifornimenti utilizzati nei bombardamenti sui civili.
- Dare potere alla voce dei civili: sostenere i media indipendenti, le organizzazioni per i diritti umani e ogni voce che denuncia i massacri.
Gaza oggi non è solo una scena tragica vista sugli schermi, ma una prova globale di coscienza umana e politica. Il silenzio non è un’opzione e l’ignoranza non è innocenza. Gaza ci insegna che la dignità non può essere bombardata, che la giustizia non muore mai e che nessuna forza militare, per quanto potente, può cancellare la volontà di un popolo resiliente.
Per quanto tempo ancora? Una domanda dolorosa, un grido che echeggia in ogni cuore vivente: per quanto tempo i civili rimarranno ostaggi della politica internazionale? Per quanto tempo l’impotenza internazionale rimarrà testimone silenziosa di crimini?
Gaza non è solo una questione palestinese, ma una ferita umana, una prova morale e una misura dell’impegno del mondo per la giustizia e i valori umani. Chi fallisce a Gaza delude l’umanità intera.
Zakia Laroussi