La pace non nasce dal potere, ma dalla giustizia: Una riflessione morale e antropologica alla luce del Magistero sul riconoscimento degli Stati in mezzo al conflitto 

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Set 27, 2025 #Palestina, #politica

In mezzo all’escalation di violenza e alla grave crisi umanitaria in Terra Santa, alcuni Stati continuano a manifestare il desiderio di riconoscere lo Stato di Israele, molte volte senza prendere seriamente il dolore e i diritti del popolo palestinese, in particolare a Gaza, dove i civili continuano a essere vittime di bombardamenti, blocchi e spostamenti forzati. Bambini, vittime innocenti, sono costretti a vivere il trauma, i sogni interrotti e l’orfanità imposta da una realtà crudele che nessun cuore umano può accettare con indifferenza.

Riconoscere uno Stato in un contesto di massacro, senza uno sforzo parallelo per la pace e la vera riconciliazione, non rappresenta un impegno autentico verso la giustizia, ma piuttosto un’affermazione geopolitica priva di fondamento morale.

Dal punto di vista antropologico, ogni essere umano possiede una dignità inalienabile, indipendentemente dalla sua etnia, religione o nazionalità. Qualsiasi azione politica che relativizzi tale verità — giustificando morti civili, distruzione o occupazione prolungata — rompe con la base etica che sostiene la convivenza umana.

È fondamentale riconoscere il valore sacro della vita umana come base per ogni soluzione vera e duratura. Ogni vita è un dono unico e irripetibile, ed è proprio questa sacralità che richiede rispetto assoluto, compassione e un impegno innegabile per la protezione degli innocenti, specialmente nelle situazioni di conflitto e sofferenza.

La politica senza etica non serve. Perché tanta barbarie nel mondo che nessuno sembra voler assumersi la responsabilità? Perché un gruppo di politici senza cuore deve tormentare tutti? La geopolitica mal concepita è la radice di tutti i mali. Come diceva Pier Paolo Pasolini:
“Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui.”
(“Mentre l’uomo sfrutterà l’uomo, mentre l’umanità sarà divisa fra padroni e servi, non ci sarà normalità né pace. La ragione di tutto il male del nostro tempo è qui.”)

I politici creano leggi e privilegi per se stessi, privilegi come se fossero i proprietari del mondo e delle ricchezze, ignorando la sofferenza dei popoli e la giustizia che dovrebbe guidare ogni forma di governo.

Il Magistero della Chiesa è stato chiaro. Papa Francesco ha ribadito che la guerra è sempre una sconfitta dell’umanità e che dobbiamo pregare per la pace e per la giustizia a Gerusalemme, in Terra Santa e nel mondo intero, dicendo no alla guerra e sì al dialogo e alla riconciliazione. Allo stesso modo, Papa Leone XIV ha invocato il rispetto dei diritti umani e l’urgenza di un cessate il fuoco e del dialogo, mettendo in rilievo l’importanza della riconciliazione tra i popoli.

Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, è stato voce attiva nella denuncia delle ingiustizie subite dal popolo palestinese, sottolineando l’urgenza della protezione dei civili e il rispetto dei diritti fondamentali, ribadendo l’impegno della Chiesa per la pace e la giustizia.

Inoltre, organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, la Croce Rossa e altre entità umanitarie hanno manifestato profonda preoccupazione per l’escalation del conflitto, esortando alla fine immediata delle ostilità e all’instaurazione di condizioni che favoriscano una pace duratura, fondata sul rispetto reciproco e sulla dignità di tutti i coinvolti.

Giustizia

La vera pace non nasce dal potere, ma dalla giustizia. La giustizia è possibile soltanto quando si riconosce il diritto di entrambi i popoli alla vita, alla sicurezza, alla libertà e all’autodeterminazione. Ignorare la sofferenza di un popolo in nome del riconoscimento politico dell’altro significa tradire i principi più fondamentali della morale cristiana e della ragione umana.

Conclusione

Recentemente manifestazioni popolari in Italia hanno espresso un profondo rifiuto della guerra, invocando pace e giustizia non solo per quel paese, ma come appello universale. Che queste voci risuonino in tutto il mondo, ispirando altri popoli a sollevarsi contro la violenza, l’ingiustizia e l’oppressione. Tuttavia, rimane la domanda inquietante: perché tante repressioni alle manifestazioni pacifiche? Perché i governi temono le voci dei popoli?

La verità è che i popoli, quando liberi dalla manipolazione e dagli interessi meschini dei politici, vivono meglio. Non sono i popoli a combattere tra loro, ma sono i politici rivali che utilizzano il conflitto per mantenere il potere, il controllo e i privilegi. Questi gruppi privilegiati creano leggi e sistemi che servono soltanto ai loro interessi, tormentando milioni e perpetuando l’esplorazione.

Lasciateci in pace per costruire un mondo dove il valore della vita umana sia rispettato, dove la giustizia e la solidarietà siano la base delle relazioni internazionali. Che possiamo mettere in discussione il motivo di celebrare gli 80 anni delle Nazioni Unite in un mondo segnato dalla violenza, senza vera pace. Celebrare cosa? Le morti, l’esclusione, lo sfruttamento?

La vera celebrazione deve essere un impegno sincero ed effettivo con la pace, la giustizia e la dignità di tutti i popoli, senza eccezione. Senza questo, tutte le cerimonie e gli accordi sono vuoti e non sono che formalità che nascondono la tragedia umana che continua a crescere.

Pedro Paulino Sampaio

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