Negli ultimi mesi, la politica estera del Marocco ha compiuto un balzo in avanti che pochi osservatori avrebbero previsto. Rabat, tradizionalmente prudente e fedele a una diplomazia di lungo respiro, ha intrapreso una serie di mosse coordinate che ne fanno oggi uno degli attori più dinamici sulla scena internazionale.
La chiave di questa accelerazione è il dossier del Sahara , la questione più delicata e simbolica per il Regno. A quasi cinquant’anni dalla Marcia Verde del 1975, l’iniziativa che sancì il ritorno del Sahara sotto sovranità marocchina, Rabat si trova in una posizione di forza diplomatica mai vista prima. Il piano di autonomia, presentato nel 2007 come soluzione “realistica, seria e credibile”, ha progressivamente guadagnato consenso presso la comunità internazionale.
Negli ultimi mesi, questo consenso si è allargato a Paesi che fino a poco tempo fa mantenevano una posizione ambigua o neutrale. Belgio e Polonia, ad esempio, hanno espresso un sostegno esplicito al piano marocchino, riconoscendone la praticabilità politica. La Polonia, in particolare, vede nel Marocco una Nazione strategica per accedere ai mercati africani e bilanciare la crescente influenza francese e tedesca nel continente.
Ma la vera sorpresa arriva da Mosca. La Russia, storicamente legata ad Algeri e al principio di autodeterminazione sostenuto dal Fronte Polisario, ha modificato i toni. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha dichiarato che la Federazione è pronta a sostenere “una soluzione che soddisfi tutte le parti” e che rispetti il diritto internazionale. Dietro questa formula diplomatica si nasconde un cambiamento significativo: per la prima volta, Mosca riconosce implicitamente che l’autonomia proposta da Rabat può costituire una base di compromesso.
Il contesto internazionale spiega questa evoluzione. Con la guerra in Ucraina e l’isolamento sul fronte europeo, la Russia è alla ricerca di nuovi spazi di influenza, soprattutto in Africa. Dopo aver consolidato la propria presenza nel Mediterraneo orientale, attraverso la Siria e la Libia, il Cremlino guarda ora all’Atlantico come nuova frontiera strategica. Il Marocco, con la sua stabilità politica, le infrastrutture moderne e i porti di Tanger Med e Dakhla, rappresenta un interlocutore naturale.
Nel frattempo, Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno già espresso da tempo un sostegno chiaro al piano marocchino. Washington lo definisce “la soluzione più realistica per una pace duratura”, mentre Londra e Parigi lo considerano un modello di governance regionale in grado di garantire sicurezza e sviluppo. L’appoggio di questi tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza conferisce a Rabat una posizione di forza alla vigilia della nuova riunione dell’ONU, prevista per fine ottobre, dedicata alla missione MINURSO.
In questa cornice, il Marocco appare oggi come un polo di stabilità e di mediazione tra Africa, Europa e mondo arabo. Rabat ha saputo costruire un equilibrio raro: dialoga con l’Occidente ma mantiene relazioni solide con la Cina e la Russia; promuove l’apertura economica ma tutela la propria sovranità; rafforza i legami africani attraverso la diplomazia religiosa e lo sviluppo infrastrutturale.
Il 50° anniversario della Marcia Verde, nel 2025, rischia dunque di coincidere con un punto di svolta nella storia del Nord Africa. Mentre Algeri resta ancorata a un linguaggio ideologico di resistenza, Rabat propone una visione pragmatica basata su integrazione e cooperazione regionale. È una differenza di approccio che si riflette nei numeri: investimenti stranieri in crescita, alleanze economiche diversificate, e un ruolo crescente del Marocco nei forum multilaterali africani e arabi.
Ma il successo di questa nuova diplomazia non è solo frutto della congiuntura internazionale. È anche il risultato di una strategia coerente portata avanti negli ultimi vent’anni: modernizzare l’economia, rafforzare le istituzioni, consolidare l’immagine di un Paese stabile e aperto. Il Marocco non si limita a rivendicare una sovranità; vuole esercitare una leadership.
Il nuovo scenario che si delinea non riguarda solo il Nord Africa, ma l’intero equilibrio euro-africano. Se la Russia aprirà davvero la porta a un riconoscimento più esplicito del piano marocchino, e se l’ONU riuscirà a rompere il tradizionale stallo diplomatico, potremmo assistere a un riallineamento storico: un Sahara finalmente stabilizzato e un Marocco pienamente riconosciuto come potenza di riferimento tra Atlantico e Mediterraneo.
Rabat ha giocato con pazienza e intelligenza la sua partita. Oggi, i frutti di quella strategia cominciano a maturare. E il mondo, forse per la prima volta da mezzo secolo, guarda al Sahara non più come a un conflitto congelato, ma come a un capitolo che può finalmente trovare una conclusione politica condivisa.
Marco Baratto
