Il Sahara marocchino…il deserto che respira la storia

Diwp

Nov 2, 2025 #Marocco

 Nel profondo dell’orizzonte, tra il profumo dell’oceano e il respiro delle dune,, si estende un deserto diverso da qualsiasi altro. È il Sahara marocchino, una terra che respira storia e che un antico viaggiatore descrisse come la sabbia che dà vita ai re. Non è solo geografia, ma uno spirito che ha abitato la coscienza del Regno fin da quando il Marocco era un impero che si estendeva da Tangeri al fiume Senegal, ammantato dalla maestosità del trono nobile e benedetto dall’ombra dei re discendenti del Profeta.
Sotto Re Mohammed VI, il Sahara non è rimasto una mera questione difensiva, ma è diventato un progetto di vita. Dalla sua ascesa al trono, la questione si è trasformata da arena di conflitto a cantiere, da slogan ad azioni concrete. Oggi, le città del sud non sono rovine in attesa di soluzioni, ma centri di influenza economica, culturale e spirituale. Il Re ha trasformato il Sahara in una piattaforma per il futuro, non in un fardello del passato, collegandolo al mare attraverso i porti, al continente attraverso le autostrade e all’umanità attraverso la dignità. Non l’ha lasciato un giardino di pazienza, ma l’ha trasformato in un campo di speranza. Come recita un vecchio proverbio marocchino: “Chi non serve la patria non sarà irrigato dalle nuvole del cielo”.
Quando il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il riconoscimento del Sahara marocchino da parte degli Stati Uniti, la risonanza di quella decisione è stata come la voce della verità che finalmente si è fatta sentire. Non si è trattato di un accordo passeggero, ma di una correzione di un percorso morale e politico. Il mondo non può rimanere intrappolato nell’illusione per sempre. Trump, con la sua consueta audacia, ha letto la mappa della regione con occhio non pagato, vedendo nel Marocco uno stato di legittimità e stabilità, e nell’Algeria un regime decadente che prospera sul conflitto. Ha capito che il Marocco non ha creato il Sahara con le armi, ma con la fedeltà e la storia, e che la sovranità non è una merce di scambio, bensì il sangue che scorre nelle vene della nazione. Da quel giorno, la posizione americana è diventata la pietra angolare che ha ristabilito l’equilibrio in una regione stremata dalle menzogne.
L’Algeria ufficiale, d’altra parte, si è persa nelle sabbie dell’illusione. Cerca di seminare spine sul cammino del Marocco, ma raccoglie solo i suoi stessi pungiglioni. Un regime prospera sulle crisi, litigando per esse come lupi per la loro preda. Continua a cercare la legittimità perduta in affari esteri che non lo riguardano. Come dice il proverbio marocchino: “Chi ha il cuore pieno di gelosia vedrà l’ombra di una montagna”. Ogni volta che il sole sorge in Marocco, l’oscurità dell’Algeria si intensifica. Cerca di trasformare l’illusione in una causa e il miraggio in una patria, ma dimentica che il deserto conosce la sua gente e non apre il suo cuore agli stranieri. Il discorso del regime algerino sul “popolo saharawi” è un patetico tentativo di creare un’entità dalla sabbia, come qualcuno che cerca di costruire un palazzo durante una tempesta.
Il Marocco, tuttavia, ha scelto la via dei re. Non è entrato nella corsa degli insulti, né ha alzato la voce gridando, perché chi possiede la verità non ha bisogno di rumore. Prosegue il suo cammino tranquillo con la sicurezza di chi sa che la storia è dalla sua parte.
 Re Mohammed VI, con la sua saggezza e la sua profonda visione, ha trasformato il deserto in uno specchio dell’unità della nazione e in un laboratorio per il concetto di sviluppo rinnovabile. Sotto la sua guida, le dune si sono trasformate in città moderne, le sabbie in progetti e i confini in ponti. Il sud non è più marginale, ma è diventato il cuore pulsante del Marocco. Oggi, il deserto non è una questione geografica, ma una questione di dignità, che racchiude il significato di patria, proprio come il mare racchiude il significato di orizzonte.
Al contrario, il regime algerino è sempre più isolato, immerso nella retorica della Guerra Fredda, e parla la lingua di un passato irreversibile. Il mondo è cambiato, e il Marocco è cambiato con esso. Il progetto reale lanciato da Mohammed VI nel Sahara non è un progetto territoriale, ma identitario, un progetto di civiltà che lega il passato al futuro. Il Marocco ha trasceso la logica della difesa per passare alla logica della costruzione, e la logica del dubbio alla logica della fiducia. Come ha affermato lo scrittore Abdelkrim Ghallab, “Il Marocco non difende il Sahara, ma si difende con il Sahara”.
Il Sahara marocchino, quindi, non è una questione di lusso politico, ma piuttosto un simbolo dell’esistenza. Rispecchia una nazione che ha forgiato la propria identità con sabbia e sangue, e ha tracciato linee di sovranità sui propri confini con saggezza e sudore. È una poesia scritta dalla storia e firmata da un re che sa che la gloria non si compra, ma si forgia con la volontà. Il Marocco è nel suo Sahara, e nelle sabbie del Sahara ci sono segni per coloro che comprendono. La pace è anche all’alba del Marocco. La sua sabbia è stata resa asservita ai marocchini ovunque desiderino, e tutto il resto è solo chiacchiere passeggere in un deserto di illusioni.

Zakia Laroussi:

Di wp