Unità nella diversità: perché la legittimità di Papa Francesco è un fatto e non un’opinione

Diwp

Dic 1, 2025 #politica, #religione

È giunto il momento di affermare con chiarezza e con serenità: le insinuazioni riguardo la presunta illegittimità dell’elezione di Papa Francesco sono prive di fondamento, prive di sostanza e profondamente dannose per la Chiesa cattolica e per il cammino di riconciliazione e di unità che essa sta percorrendo. Alcune figure mediatiche — per convinzione personale, per sensazionalismo o per atteggiamento polemico — continuano a insinuare dubbi là dove la certezza è documentata, registrata e resa pubblica secondo le norme canoniche e la prassi storica della Santa Sede.

Il punto essenziale è questo: l’elezione di Papa Francesco è regolarmente registrata negli Acta Apostolicae Sedis, la gazzetta ufficiale della Santa Sede. Ciò che è presente negli AAS non è un parere, non è un’opinione, non è una narrazione di parte. È l’atto ufficiale, formale, definitivo. Gli Acta Apostolicae Sedis, pubblicati mensilmente (con eventuali numeri supplementari), rappresentano da oltre un secolo lo strumento di promulgazione delle leggi universali e particolari della Chiesa cattolica. Nel Codice di diritto canonico — nel canone 8 del 1983 — è sancito che la pubblicazione negli AAS è il modo istituzionale attraverso cui le norme entrano in vigore. Questo valore normativo, giuridicamente vincolante, estende ovviamente la sua autorità alla validazione formale degli atti pontifici e dei processi elettivi.

Dire dunque che esistono dubbi sulla legittimità del Santo Padre significa negare proprio ciò che il diritto canonico considera la prova massima: la registrazione formale negli AAS. Ogni speculazione che pretende di superare questa certezza istituzionale è non solo infondata, ma antimoderna, anticonciliare e spiritualmente divisiva. E qui sta il punto essenziale: chi diffonde tali insinuazioni non sta “difendendo la verità”, come spesso proclama, ma sta seminando discordia tra i fedeli, destabilizzando la comunione ecclesiale e ostacolando il processo di apertura e dialogo che oggi rappresenta una delle grandi e profonde missioni della Chiesa contemporanea.

La Chiesa cattolica del XXI secolo non è più — e non vuole più essere — una fortezza isolata che proclama di essere l’unica espressione autentica del cristianesimo globale. L’epoca del trionfalismo confessionale si sta chiudendo. La scelta di unità nella diversità, promossa con coraggio e umiltà da Papa Francesco e proseguita con visione da Papa Leone, rappresenta una conversione storica dell’atteggiamento ecclesiale. Il dialogo intercristiano, l’apertura ecumenica, l’ascolto delle altre tradizioni di fede non sono minacce alla purezza dottrinale, ma atti di maturità spirituale che rispecchiano il Vangelo dell’amore, non quello del sospetto e dell’accusa.

Eventi come la preghiera condivisa con Sua Maestà Carlo III o gli incontri di dialogo fraterno tenuti a Nicea sono segnali evidenti: la Chiesa cattolica non vuole inglobare, non vuole assorbire, non vuole dominare. Vuole camminare insieme. Questo concetto — “camminare assieme” — non è un’espressione poetica, ma un orientamento pastorale concreto. Significa riconoscere la dignità ecclesiale delle altre comunità cristiane, significa vedere i loro fedeli come fratelli e sorelle, non come separati o devianti. Significa abbandonare il linguaggio antiquato della condanna — parole come “eretici” o “scismatici” — e adottare invece un nuovo linguaggio di fraternità.

Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, ha mostrato di voler guidare la Chiesa verso questa maturazione. La sua stessa figura — pastorale, non monarchica; vicina, non distante; dialogante, non impositiva — ha rappresentato un cambiamento visibile. Contestare la sua elezione significa contestare il suo ruolo, e contestare il suo ruolo significa contestare la direzione spirituale ed ecclesiale che la Chiesa ha scelto, con prudenza e fede, per il tempo presente.

È comprensibile che alcuni fedeli più legati a modalità tradizionali possano sentirsi disorientati; ma l’amore per la tradizione non dovrebbe trasformarsi in rifiuto del cammino ecclesiale. La tradizione autentica non è fossilizzazione: è radicamento vitale. Chi oggi parla contro Papa Francesco — e contro Papa Leone — credendo di difendere un cattolicesimo “puro”, in realtà lo impoverisce, lo irrigidisce, lo rende straniero all’uomo contemporaneo. La forza della Chiesa non sta nell’esclusione, ma nell’inclusione; non nella divisione, ma nella coesione; non nella nostalgia, ma nella speranza.

Per questo dobbiamo dire con chiarezza: chi continua a diffondere sospetti sulla legittimità del Santo Padre, non solo contraddice i fatti — attestati negli Acta Apostolicae Sedis — ma mina l’unità della Chiesa, confonde i fedeli, e alimenta un clima di sfiducia e antagonismo che è contrario allo spirito cristiano. Invece di costruire, distrugge; invece di unire, frammenta.

Il futuro della Chiesa cattolica — come Papa Francesco e Papa Leone hanno indicato — è un futuro di ponti, non di muri; di dialogo, non di scontro; di sinodalità, non di verticalismo autoritario. È un futuro in cui la Chiesa non pretende più di essere l’unica voce cristiana autorizzata, ma una voce tra altre, forte della propria storia, ma anche capace di ascoltare le altre storie.

E allora, con rispetto ma anche con fermezza, possiamo concludere: lasciamo cadere le polemiche sterili, smettiamo di dare spazio a chi alimenta dubbi artificiosi, e sosteniamo con fede, ragione e carità il cammino di unità nella diversità. Papa Francesco è il legittimo successore di Pietro. E con lui, la Chiesa cattolica sta finalmente abbandonando le difese del passato per abbracciare la fraternità del futuro.

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