Mentre gran parte degli Stati Uniti si lasciava travolgere dal fervore di una giornata che, nei fatti, era diventata una celebrazione dell’orgoglio MAGA, Papa Leone XIV ha scelto una via diversa. Con un messaggio sobrio ma incisivo, ha lanciato un monito chiaro: un richiamo alla dignità umana, all’inclusione e alla testimonianza cristiana autentica. Nessun attacco diretto, nessuna dichiarazione apertamente politica. Ma il tempismo, le parole e i silenzi hanno parlato forte e chiaro: questo è stato un gesto di disapprovazione, espresso con la sua inconfondibile eleganza.
Il 14 giugno, mentre la retorica nazionalista dominava le strade americane, Papa Leone si rivolgeva ai giovani di Chicago e del mondo intero con un videomessaggio carico di speranza, trasmesso durante un raduno al Rate Field:
«Ai giovani qui riuniti desidero dire, ancora una volta, che siete la promessa di speranza per molti di noi. Il mondo guarda a voi mentre voi vi guardate attorno e dite: abbiamo bisogno di voi, vi vogliamo con noi per condividere con voi questa missione – come Chiesa e nella società – di annunciare un messaggio di vera speranza e di promuovere pace, di promuovere l’armonia tra tutti i popoli.»
Un messaggio limpido, inclusivo, distante dalla retorica divisiva che oggi troppo spesso avvelena il dibattito pubblico, anche all’interno della comunità cristiana.
Ma il vero punto di svolta è arrivato non tanto da Roma, quanto dal pulpito di Chicago. Nell’omelia pronunciata in quella stessa occasione, il Cardinale della città ha scelto parole precise, meditate e inequivocabili:
«Purtroppo, troppo spesso sentiamo voci che tentano di definire una parte dell’umanità come “altra” o “estranea”. Questo arreca grave danno alla famiglia umana, ma ancor di più, come la storia ci ha spesso insegnato, anche a coloro che parlano e agiscono in questo modo. […] È sbagliato fare di chi è qui senza documenti un capro espiatorio, perché in effetti sono qui a causa di un sistema di immigrazione inefficiente che entrambe le parti non sono riuscite a sistemare.»
Questa dichiarazione, tutt’altro che casuale, ha avuto due funzioni fondamentali. La prima: veicolare in modo informale un messaggio del Papa ai cattolici vicini all’ideologia MAGA, senza che il Pontefice intervenisse direttamente in affari interni. La seconda: un gesto simbolico potente nella scelta del giorno. Il 14 giugno non è una data qualunque. È la festa della bandiera negli Stati Uniti e anche il compleanno dell’ex presidente Donald Trump. Papa Leone, pur essendo cittadino americano, non ha fatto alcun riferimento a questa ricorrenza. Un gesto di elegante distanza, che riflette il suo stile: mai urlato, mai scontroso, ma sempre determinato.
Il Cardinale ha continuato, toccando uno dei nervi più scoperti della retorica nazionalista:
«Molti immigrati clandestini non sono qui per invasione, ma per invito: per raccogliere i frutti della terra che nutrono le nostre famiglie, per pulire le nostre tavole, le nostre case e le nostre camere d’albergo, per curare i nostri giardini e, sì, persino per prendersi cura dei nostri figli e degli anziani.»
Non è solo teologia, è realismo morale. È una denuncia dell’ipocrisia che da un lato demonizza chi è senza documenti e dall’altro ne sfrutta quotidianamente il lavoro. È anche un invito a tutti i cristiani a rifiutare i linguaggi degradanti e riscoprire la propria identità come persone create a immagine e somiglianza di Dio.
Papa Leone non è, come si diceva di Papa Francesco, un “giocatore di calcio” — coinvolto sul campo, tra la gente, pronto alla corsa e all’abbraccio. Papa Leone è un tennista: attento, silenzioso, preciso. Il tennis richiede concentrazione, e silenzio, per colpire al momento giusto. E così è anche il suo approccio alla politica globale e americana: non colpisce spesso, ma quando lo fa, il colpo è secco e ben assestato.
Questo episodio ha dimostrato ancora una volta come Papa Leone XIV giochi una partita lunga, e soprattutto silenziosa. Ma è proprio nel silenzio che riesce a segnare i punti più importanti: quelli per la dignità umana, per la verità del Vangelo e per la chiamata radicale all’amore.
Marco Baratto