Basta inchini: l’Italia rompa il tabù Algeria e guardi al Marocco

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Set 1, 2025 #Marocco, #politica

Ci voleva Jacob Zuma, ex presidente del Sudafrica, per ricordarci che in politica estera serve coraggio. Dal Ghana, durante una conferenza ad Accra, Zuma ha elogiato il sostegno di quel Paese al piano di autonomia del Marocco sul Sahara. Non una dichiarazione di circostanza, ma un atto politico pesante: schierarsi apertamente dalla parte di Rabat, con una visione chiara di stabilità e unità africana.

E noi, in Italia? Zitti. Muti. Inchiodati a un copione vecchio, dove l’Algeria resta intoccabile e il Marocco viene trattato come un convitato di pietra.

A Roma tutti si riempiono la bocca di “interessi nazionali” e “sovranità energetica”. Ma quando si tratta di Algeria, l’ipocrisia regna sovrana. Nessuno, né a destra né a sinistra, osa dire che nel Paese i cristiani vivono ai margini della legalità, perseguitati e messi a tacere. Nessuno ricorda che Caritas ha dovuto chiudere per ordine del governo algerino. Nessuno denuncia i campi di Tinduf, dove migliaia di rifugiati sopravvivono in condizioni che definire precarie è un eufemismo.

Eppure, quando si parla di diritti umani altrove, tutti in Italia diventano improvvisamente paladini della libertà. Due pesi e due misure: il silenzio con l’Algeria è un silenzio pagato in barili di gas.

Siamo talmente dipendenti da Algeri da non riuscire a immaginare alternative. Ma le alternative esistono eccome. Il gasdotto Nigeria-Marocco, che arriverà fino alla Spagna, aprirà una via nuova e sicura. Gli Stati Uniti esportano già GNL verso l’Europa. L’Arabia Saudita produce oltre 100 miliardi di metri cubi l’anno e ha riserve pari al 4% del totale mondiale. Non siamo prigionieri di nessuno, se non della nostra mancanza di coraggio.

Dire che senza l’Algeria restiamo al freddo è una bugia comoda, una scusa per non rimettere in discussione un equilibrio che conviene solo a chi ha interessi consolidati.

C’è poi il refrain dell’amicizia storica: “L’Italia ha sostenuto l’indipendenza algerina, dobbiamo essere riconoscenti”. Bene, riconoscenti lo siamo stati. Ma un legame nato sessant’anni fa non può trasformarsi in un vincolo eterno che ci obbliga a chiudere gli occhi davanti a tutto. L’amicizia non significa silenzio, non significa accettare qualsiasi cosa.

Al contrario, un Paese serio dovrebbe avere il coraggio di dire: basta. Basta con l’ambiguità. Basta con il ricatto energetico. Basta con l’idea che l’Algeria sia intoccabile.

Mentre ci inchiniamo ad Algeri, dimentichiamo che il Marocco è un partner strategico. Non solo perché rappresenta una porta d’accesso privilegiata tra Africa ed Europa, ma perché ha dimostrato di avere una visione di sviluppo chiara: infrastrutture, innovazione, apertura agli investimenti.

Riconoscerne l’integrità territoriale significherebbe rafforzare un Paese che punta sulla stabilità, che non usa le proprie risorse come arma politica e che offre all’Italia prospettive economiche concrete. Significherebbe, in poche parole, stare dalla parte giusta.

C’è un altro aspetto che grida vendetta. In Italia, ogni partito si presenta come difensore dei diritti umani. Ogni leader parla di libertà e democrazia. Ma davanti all’Algeria cala il sipario. Nessuno che osi denunciare apertamente ciò che accade ai cristiani, nessuno che parli dei campi di Tinduf, nessuno che metta in discussione un regime che limita spazi di libertà fondamentali.

È un paradosso insostenibile: pretendiamo di insegnare la democrazia al mondo e poi ci inginocchiamo davanti a chi la calpesta.

Il Marocco non è perfetto, nessuno lo è. Ma almeno propone una visione chiara, un piano concreto per il Sahara, un percorso che trova già il sostegno di Paesi africani di peso. Zuma e il Ghana lo hanno detto senza esitazioni: l’unità e la stabilità vengono prima di tutto.

Perché in Italia nessuno ha il coraggio di fare lo stesso? Perché restiamo prigionieri di un tabù? La verità è che la politica italiana ha paura di perdere il gas algerino. Ma la paura non è una strategia. È una condanna.

Il Mediterraneo non può essere lasciato in mano a equilibri vecchi e a regimi che usano l’energia come arma di ricatto. L’Italia deve scegliere se vuole essere protagonista o spettatrice. Continuare a inchinarsi davanti all’Algeria significa restare spettatori, dipendenti e ricattabili.

Guardare al Marocco, invece, significa scommettere su stabilità, sviluppo e cooperazione vera. Significa avere una politica estera autonoma, non dettata dal terrore di restare senza gas.

Zuma ha detto: “I giorni in cui l’Africa ballava al suono dei tamburi stranieri sono finiti”. L’Italia, invece, continua a ballare al suono del gas algerino.

È ora di smettere. È ora di avere il coraggio di rompere il tabù. È ora di dire chiaramente che il Marocco è un partner strategico e che il tempo degli inchini all’Algeria deve finire.

Non si tratta solo di geopolitica, ma di dignità. E la dignità, in politica estera, non ha prezzo.

Marco Baratto

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