Dall’Andalusia a Jumilla: memoria e supremazia religiosa – Lettura del discorso di Marco Baratto

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Ott 8, 2025 #dialogo, #islam, #politica

Di Zakiya Laâroussi

A Jumilla, il divieto imposto ai musulmani di utilizzare gli spazi pubblici per celebrare la loro festa religiosa non è un semplice decreto amministrativo: è il respiro gelido di un passato che ritorna, rivestito dell’illusione del presente. È la ricomparsa di un antico suprematismo, che vorrebbe rinchiudere l’identità in una gabbia angusta e definire la nazione come dominio esclusivo di un singolo gruppo. Le parole del testo, fredde e metodiche, parlano di “attività estranee alla nostra identità”; ma dietro questa apparente neutralità si cela un’arma politica: l’esclusione dell’altro, la negazione del suo diritto di esistere e partecipare.

La Spagna non è mai stata esclusivamente cristiana. La storia dell’Andalusia ne è testimonianza: un crocevia di popoli, culture e credenze, dove musulmani, ebrei e cristiani si sono incrociati in uno spazio comune, dove scienza e arti hanno prosperato come un unico corpo pulsante. Ma quando la religione diventa uno strumento di potere, la brillantezza si trasforma in ombra: l’espulsione dei musulmani, la persecuzione degli ebrei, le fiamme dell’Inquisizione. Ogni riduzione dell’identità a un singolo dogma ha lasciato profonde cicatrici umane e culturali.

Oggi, Jumilla risuona di quella stessa eco oscura. Ma il pericolo è ora europeo. Il continente, che ha pagato un prezzo esorbitante a nazionalismi estremisti, nazismo e fascismo, sa che i cataclismi iniziano con piccole decisioni apparentemente innocue: un regolamento comunale, uno slogan sulla “purezza”, un linguaggio di esclusione. Poi, quasi impercettibilmente, il terreno si chiude e riproduce la logica della guerra e della tirannia. Il XX secolo ci ha insegnato che l’abisso inizia con queste crepe.

E ancora più preoccupante del provvedimento in sé è il linguaggio che lo accompagna. Quando un partito politico proclama che “la Spagna è e rimarrà cristiana”, non sta difendendo la fede: sta trasformando la religione in una bandiera per dividere, escludere, confinare. Il cristianesimo, portatore di amore e umanità, diventa uno strumento di potere, e ogni invocazione nel nome di Cristo risuona come un ricordo delle Crociate, delle Inquisizioni e della tirannia franchista. Cristo di fronte all’autorità che parla in suo nome: salvezza contro la coercizione.

L’Europa contemporanea, che si proclama custode dei diritti umani, mette oggi alla prova la propria memoria. Ottant’anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, e decenni dopo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, le marce dell’esclusione riprendono, questa volta avvolte nella patina di “tradizioni” e “identità”. La memoria deve limitarsi a un lusso retorico o diventare un imperativo per impedire che il passato si reincarni? Ricordare non basta: dobbiamo resistere alla ripetizione degli errori in forme nuove.

L’appello di Marco Baratto a un’alleanza umana e religiosa travalica i confini spagnoli. Parla alla coscienza di tutta Europa. La storia ci insegna che quando le religioni si intrecciano, possono costruire una civiltà sublime; quando vengono strumentalizzate, diventano strumenti di distruzione. Non basta più condannare: dobbiamo costruire insieme un progetto che ponga fine a ogni forma di supremazia religiosa e razziale. Non si tratta di uno scontro tra credenti e non credenti, ma tra chi vuole fare del sacro un ponte e chi lo trasforma in una trincea di odio.

La decisione di Jumilla, sebbene apparentemente locale, porta con sé una domanda europea: il vecchio continente si lascerà ricadere nella spirale dell’isolamento e della purificazione in nome della religione e dell’identità, oppure oserà proteggere la propria memoria e le proprie conquiste di civiltà?

Ciò che ha scritto Marco Baratto va oltre un semplice articolo di opinione. È un monito morale e storico, un’invocazione all’Europa e al mondo: se permettiamo a questi discorsi di prosperare nel silenzio, domani ci chiederemo, come tante generazioni prima di noi: come abbiamo potuto permettere che ciò accadesse?

Grazie a Marco Baratto per la sua profonda analisi, che non si limita a descrivere il momento, ma evoca la storia come uno specchio nitido, rivelando i pericoli che si nascondono dietro quello che potrebbe sembrare un mero dettaglio locale. Il suo testo risveglia la memoria europea e globale in un momento in cui si moltiplicano le voci che cercano di riscrivere l’identità al servizio dell’esclusione e della paura.

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