Marocco, la mano tesa del Re: la Marcia Verde compie cinquant’anni e apre una nuova era di dialogo e unità

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Nov 6, 2025 #Marocco, #politica

Tra pochi giorni, il Marocco celebrerà il cinquantesimo anniversario della Marcia Verde, uno degli eventi più significativi della sua storia moderna e, senza dubbio, il più grande simbolo di unità nazionale realizzato in modo pacifico. Cinquant’anni dopo quella marcia in cui centinaia di migliaia di cittadini risposero all’appello del loro Sovrano per affermare la sovranità del Paese sul Sahara, lo spirito che l’aveva animata rivive oggi, non come ricordo del passato, ma come promessa di futuro.

In questi giorni di commemorazione, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che riconosce, di fatto, l’avvicinarsi della soluzione di uno pseudo-conflitto che per decenni ha cercato di minare l’unità territoriale del Regno. È un voto storico che avviene in un anno simbolico: quello in cui il Marocco celebra mezzo secolo di una marcia pacifica che ha unito il popolo sotto la stessa bandiera, lo stesso sogno e lo stesso destino.

Sulla scia di questa svolta diplomatica, Sua Maestà il Re Mohammed VI ha pronunciato un discorso di straordinaria importanza — uno dei pochi interventi ufficiali dell’anno — nel quale ha delineato con chiarezza la nuova fase che si apre per il Paese e per l’intero Nord Africa. Il tono del Sovrano non è stato trionfalistico né rivendicativo, ma profondamente umano e politico al tempo stesso: quello di chi, forte della legittimità del proprio Paese, tende la mano al dialogo e alla riconciliazione.

“Di fatto, due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite considerano ormai che l’Iniziativa di Autonomia sia l’unico quadro valido per giungere alla soluzione di questo conflitto.”

Con queste parole, il Re ha sottolineato come la comunità internazionale riconosca ormai la proposta di autonomia come l’unico quadro realistico per una soluzione definitiva. Si tratta di un passo diplomatico di portata storica: più di due terzi degli Stati membri dell’ONU considerano oggi il piano marocchino non solo legittimo, ma anche pragmatico e sostenibile.

A rafforzare questa evoluzione vi è la crescente riconoscenza della sovranità economica del Marocco sulle sue Province del Sud. Grandi potenze come gli Stati Uniti d’America, la Francia, la Gran Bretagna, la Russia, la Spagna e l’Unione Europea hanno deciso di incoraggiare gli investimenti e promuovere gli scambi commerciali in queste regioni. È un riconoscimento concreto, che va oltre la diplomazia, e che apre la strada a un futuro di sviluppo condiviso.

Le province meridionali, cuore strategico del Regno, sono oggi chiamate a diventare poli regionali di crescita e stabilità, ponti naturali tra il Maghreb, il Sahel e il Sahara. Non più terre contese, ma territori di opportunità e cooperazione.

“Sia lodato Dio, entriamo nella fase decisiva del processo delle Nazioni Unite, poiché la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza definisce i principi e i fondamenti capaci di condurre a una soluzione politica definitiva di questo conflitto, nel pieno rispetto dei diritti legittimi del Marocco.”

Questa dichiarazione, densa di significato, segna un punto di non ritorno. Il Marocco non vuole e non ha mai voluto una rivalsa, ma in una fase di consolidamento. La diplomazia marocchina, costruita con pazienza e lungimiranza, ha sempre privilegiato il dialogo, la legittimità e la ricerca di soluzioni realistiche.

In linea con la risoluzione delle Nazioni Unite, il Regno procederà ora all’aggiornamento e alla formulazione dettagliata della Proposta di Autonomia, destinata a costituire la base esclusiva delle future negoziazioni. È una strategia di maturità politica, che non chiude ma apre.

E proprio qui emerge il tratto più nobile del discorso di Sua Maestà: la “politica della mano tesa”, che da osservatore del Marocco ritengo sia la cifra distintiva della sua visione. Lungi dal celebrare una vittoria, il Re ha scelto di aprire un varco di dialogo e fraternità verso i vicini, in particolare verso l’Algeria.

“Invito mio fratello, Sua Eccellenza il Presidente Abdelmadjid Tebboune, a un dialogo fraterno e sincero tra il Marocco e l’Algeria affinché, superate le nostre divergenze passate, possiamo gettare le basi di nuove relazioni fondate sulla fiducia, la fraternità e il buon vicinato.

Non c’è in queste parole alcuna ombra di trionfalismo, ma il linguaggio della riconciliazione. Il Sovrano marocchino non ha parlato di vittoria, ma di dialogo; non ha enfatizzato la posizione della propria nazione, ma ha aperto la porta al rispetto reciproco e alla cooperazione.

In un’epoca segnata da tensioni e fratture, questo appello suona come un segnale di speranza. È l’incarnazione dello spirito marocchino, uno spirito che non chiude mai la porta a nessuno, ma la tiene sempre socchiusa, pronta ad aprirsi.

Questa “mano tesa” è anche un gesto profondamente islamico. Nel messaggio del Re si riflette lo spirito di fratellanza dell’Islam, fondato sull’unità, sull’amore reciproco e sull’aiuto vicendevole. Il Corano e gli insegnamenti del Profeta Maometto invitano i credenti alla riconciliazione, al perdono e alla solidarietà: valori che si traducono, nella pratica politica marocchina, come strumenti di pace e di cooperazione.

Amare per il proprio fratello ciò che si ama per sé stessi” — questo principio, al cuore dell’insegnamento islamico, sembra guidare oggi l’azione del Marocco.

Non è un caso che il Re abbia espresso ringraziamenti e riconoscenza a tutti i Paesi che hanno sostenuto la causa del Regno, citando in particolare gli Stati Uniti, la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna e molti Paesi arabi e africani.

“Riservo una menzione speciale agli Stati Uniti d’America, sotto la guida del nostro amico, Sua Eccellenza il Presidente Donald Trump, i cui sforzi hanno permesso di aprire la via a una soluzione definitiva di questo conflitto. Ringraziamo anche i nostri amici in Gran Bretagna e in Spagna, e più specialmente in Francia, i cui sforzi hanno contribuito a far avanzare questo processo pacifico.”

Il tono del discorso rimane sempre sobrio, grato e misurato: quello di chi riconosce che la forza di una nazione non risiede soltanto nel potere, ma nella giustizia della sua causa e nella nobiltà del suo comportamento.

Cinquant’anni dopo la Marcia Verde, il Marocco dimostra ancora una volta che la vera forza è la pace. La marcia di allora, con i suoi 350.000 uomini e donne armati solo di fede e bandiere, fu un atto di coraggio civile, una lezione di storia. Oggi, la nuova “marcia verde” è quella diplomatica, economica e morale: una marcia verso la stabilità, lo sviluppo e la fratellanza regionale.

Nel solco tracciato da Hassan II e portato avanti da Mohammed VI, il Marocco continua a incarnare una visione politica fatta di pazienza, dialogo e fiducia nel futuro. Una visione che non isola, ma unisce; che non conquista, ma convince.

La politica della mano tesa non è segno di debolezza, ma di maturità. È la consapevolezza che, in un mondo frammentato, solo chi sa costruire ponti potrà davvero guidare. E oggi, nel cinquantenario della Marcia Verde, il Marocco mostra al mondo che il suo cammino continua — pacifico, deciso, fedele ai suoi principi.

Una marcia che non si è mai fermata, ma che, mezzo secolo dopo, guarda ancora avanti.

Marco Baratto

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