Tra Colonialismo e Cattiva Governance: La Disputa di Narrazioni tra António Ventura e la TPA

Diwp

Nov 22, 2025 #Angola, #politica

Introduzione

La discussione sulle cause del ritardo e della crisi sociale in Angola è recentemente diventata più visibile sul piano politico e mediatico. Il discorso del Presidente João Lourenço, che accusa il colonialismo portoghese di essere responsabile del sottosviluppo del paese, ha suscitato critiche in Portogallo e attirato attenzione internazionale. Curiosamente, il Presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa non ha reagito pubblicamente alle accuse.

António Ventura contesta questa narrazione, affermando che l’attuale crisi del popolo angolano non si spiega solo con il passato coloniale, ma soprattutto con la cattiva governance e la corruzione delle élite locali. La disputa, quindi, non è solo storica, ma si concentra sulla realtà concreta della sofferenza del popolo e sulla responsabilità politica delle leadership.

Il colonialismo portoghese ha lasciato profonde tracce in Angola, comprese disuguaglianze sociali, sfruttamento economico e oppressione politica. La tratta degli schiavi e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse costituiscono capitoli nefasti che non possono essere ignorati. Tuttavia, circa il 95% delle infrastrutture urbane e logistiche esistenti nel 1975, come strade, porti, ferrovie, scuole e ospedali, furono costruite durante il periodo coloniale, fornendo una base solida che avrebbe potuto essere utilizzata per lo sviluppo del paese.

La verità è che, nonostante l’eredità coloniale, l’attuale crisi è conseguenza diretta delle scelte politiche ed economiche delle élite angolane. Il cattivo utilizzo delle infrastrutture e delle risorse ereditate ha trasformato una base che avrebbe potuto promuovere sviluppo in strumenti di potere e arricchimento di una minoranza.

La lotta dei movimenti di liberazione angolani, in particolare FNLA, MPLA e UNITA, rappresentava lo sforzo di un popolo per autodeterminazione, sovranità e giustizia sociale. Gli ideali principali includevano l’emancipazione dal dominio coloniale, la costruzione di uno Stato nazionale indipendente e l’accesso universale all’istruzione, alla salute e ai diritti economici. La resistenza armata, l’attivismo politico e la mobilitazione sociale riflettevano un’aspirazione collettiva alla dignità, all’unità e allo sviluppo.

Oggi, sebbene l’Angola sia formalmente indipendente, molti di questi ideali rimangono incompiuti. La disuguaglianza economica, la corruzione e la concentrazione della ricchezza in settori ristretti limitano la portata dei diritti che i movimenti di liberazione aspiravano a garantire per tutti. La lotta storica offre, quindi, un parametro etico per valutare i progressi e i regredi del paese nella promozione del benessere collettivo.

Durante il periodo coloniale, il Portogallo non era un paese europeo sviluppato in maniera autonoma. La sua economia era debole, dipendente dall’agricoltura di esportazione e con infrastrutture limitate. Il paese iniziò a ricevere un certo supporto economico internazionale, soprattutto dopo gli anni ’50, ma questi miglioramenti erano limitati e spesso finalizzati a consolidare il dominio coloniale. Il Portogallo non poteva, da solo, essere considerato un modello di sviluppo sostenibile. In Angola, la situazione era diversa. Il territorio coloniale era sfruttato per servire gli interessi portoghesi, con estrazione di risorse e sfruttamento sistematico della manodopera. I servizi di istruzione, salute e le infrastrutture furono creati in maniera diseguale, concentrati principalmente nelle aree urbane e destinati a minoranze, lasciando la grande maggioranza della popolazione senza accesso ai servizi di base.

Il confronto tra Portogallo e Angola in quel periodo deve essere fatto con onestà: il Portogallo non era un modello di sviluppo e l’Angola era subordinata a una logica estrattiva ed esplorativa, che limitava severamente il suo potenziale di autonomia e crescita.

Dall’indipendenza, il MPLA ha assunto il governo dell’Angola, affrontando sfide complesse, come la guerra civile e la ricostruzione istituzionale. Nonostante i progressi economici, soprattutto nel settore petrolifero, la centralizzazione del potere, la corruzione sistemica e la cattiva gestione delle risorse hanno impedito una redistribuzione equa della ricchezza, approfondendo le disuguaglianze sociali.

L’attuale crisi è reale, concreta e quotidiana: elevata disoccupazione, inflazione, insufficienza dei servizi pubblici e povertà persistente colpiscono milioni di cittadini. Molte élite angolane mantengono la cittadinanza portoghese, investimenti in Portogallo e accesso a istruzione e salute avanzate, mentre il popolo comune affronta privazioni. Questo è il paradosso: la crisi non è storica, ma risultato diretto di scelte contemporanee.

Alla luce di Gaudium et Spes, la crisi sociale deve essere compresa come violazione della dignità umana. Pedro Paulino Sampaio, nell’opera La dignità della persona umana nella miseria e nella disperazione alla luce di Gaudium et Spes. Una riflessione antropologica sul quadro reale della situazione di crisi attuale del popolo in Angola, Paulinas, Luanda, 2022, evidenzia che povertà ed esclusione costituiscono una violenza concreta contro la dignità umana, impedendo il pieno sviluppo della persona. La miseria in Angola non è astratta; è reale, materiale e quotidiana. L’incapacità dello Stato di garantire servizi di base e pari opportunità trasforma la vita quotidiana in lotta per la sopravvivenza, evidenziando che la responsabilità è presente, non storica.

Oggi l’Angola non affronta il colonialismo portoghese né la guerra civile. L’indipendenza è effettiva dal 1975 e il paese possiede confini e sovranità riconosciuti a livello internazionale. Pertanto, attribuire il ritardo a un colonizzatore presente è falso. Il colonizzatore non controlla l’economia angolana; le principali risorse, incluso petrolio e diamanti, sono sotto il controllo delle élite nazionali e di imprese straniere attraverso investimenti e concessioni.

La base del sottosviluppo attuale è essenzialmente interna: corruzione sistemica, cattiva gestione delle risorse, centralizzazione del potere, assenza di trasparenza e priorità politiche che avvantaggiano una minoranza a scapito della maggioranza della popolazione. La ricchezza esiste, ma non arriva al cittadino comune; le infrastrutture esistono, ma molte restano sottoutilizzate o degradate; leggi e politiche pubbliche esistono, ma l’applicazione è insufficiente.

Il discorso di António Ventura ha ragione nel smontare la colpa esclusiva del colonialismo. Tuttavia, forse se il potere non fosse stato consegnato al MPLA e se non fosse stata permessa la violazione degli Accordi di Alvor, le cose sarebbero state diverse. La centralizzazione del potere dal 1975 e la mancanza di alternanza politica hanno creato condizioni affinché la narrativa della responsabilità esterna rimanesse conveniente per certe élite. Finché non ci sarà una vera alternanza politica e responsabilità governativa, questa narrativa continuerà a essere ripetuta, distogliendo l’attenzione dalle cause interne della crisi.

L’Angola non ha bisogno di cercare colpevoli nel passato recente per giustificare la miseria; ha bisogno di gestione responsabile, trasparenza e politiche che trasformino le risorse in sviluppo inclusivo e reale.

Conclusione

L’attuale crisi dell’Angola risulta dall’intersezione tra eredità storica e scelte contemporanee, essendo queste ultime decisive. Sebbene il colonialismo portoghese abbia lasciato tracce strutturali e sociali, la cattiva governance delle élite, la corruzione e la centralizzazione del potere sono responsabili del prolungamento della sofferenza della popolazione.

Il paradosso delle élite angolane, che beneficiano del Portogallo mentre il popolo rimane vulnerabile, rafforza che la crisi è soprattutto di responsabilità interna e contemporanea. L’analisi di António Ventura è, pertanto, incisiva e pertinente. Riconoscere il passato storico è necessario, ma la responsabilità del presente è ineludibile.

La riflessione etica e antropologica, alla luce di Gaudium et Spes e delle osservazioni di Pedro Paulino Sampaio, sottolinea che la dignità della persona umana deve essere centrale in qualsiasi valutazione della crisi, richiedendo politiche pubbliche che traducano la ricchezza nazionale in benessere collettivo.

La lotta dei movimenti di liberazione continua a servire come parametro etico e storico per valutare regredi e progressi. L’Angola ha ora bisogno di allineare gli ideali di sovranità, giustizia sociale e dignità umana a pratiche concrete di governance che trasformino le risorse in sviluppo inclusivo, reale e immediato.

Pe Pedro Sampaio

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