Alla vigilia dell’anniversario della sua salita al trono, il Re del Marocco ha lanciato un messaggio che va oltre la tradizionale comunicazione istituzionale: una riflessione di ampio respiro che tocca non solo le dinamiche interne del Paese, ma anche le relazioni regionali e la proiezione internazionale del Regno.
Al centro del discorso, una costante della politica estera marocchina: la mano tesa all’Algeria. Il Sovrano ha ribadito la sua posizione, chiara e immutabile, secondo la quale il popolo algerino è un popolo fratello, legato a quello marocchino da vincoli umani, culturali e storici che affondano le radici nella lingua, nella religione, nella geografia e in un destino condiviso. È un richiamo forte, che punta a superare la fase di tensione diplomatica e di sospetto che da decenni segna i rapporti tra Rabat e Algeri.
Il messaggio del Re si muove su una linea di continuità: dialogo franco, sincero e responsabile su tutte le questioni aperte, con l’obiettivo di trasformare un conflitto latente in un’opportunità di cooperazione. La convinzione espressa dal Sovrano è netta: senza un’intesa tra Marocco e Algeria, l’Unione del Maghreb resterà un progetto incompiuto, incapace di sfruttare il suo potenziale economico e geopolitico.
L’analisi del contesto regionale mostra quanto la costruzione di un Maghreb integrato sia, più che una scelta, una necessità strategica. Un’unione economica e politica tra Marocco, Algeria e gli altri Paesi del Nord Africa costituirebbe un blocco regionale con risorse energetiche, agricole e logistiche capaci di competere con grandi aree come il Golfo, l’ASEAN o l’America Latina.
Eppure, la realtà è ben lontana da questo scenario. L’Algeria, putroppo, continua a muoversi in una logica di Guerra Fredda che ne limita la capacità di crescita e la rende vulnerabile ai mutamenti geopolitici. Gran parte dell’economia algerina dipende ancora dagli introiti energetici, fortemente legati all’appoggio della Russia e alla collaborazione con partner europei come l’Italia. Un eventuale irrigidimento delle sanzioni statunitensi contro Mosca, anche in forma indiretta, potrebbe avere ricadute significative sull’economia algerina, accelerando un indebolimento già in corso.
In questo quadro, il Marocco sceglie la via dell’apertura e della collaborazione. La mano tesa non è un segno di debolezza, ma una strategia proattiva per trasformare il Nord Africa in una regione capace di attrarre investimenti, sviluppare infrastrutture e offrire prospettive alle giovani generazioni.
Il discorso del Sovrano ha toccato anche il tema del Sahara marocchino, ribadendo l’orgoglio per il crescente sostegno internazionale alla proposta di autonomia, considerata da numerosi Paesi come l’unica soluzione credibile al conflitto. Tra le nuove voci favorevoli spiccano il Regno Unito e il Portogallo, che hanno espresso posizioni costruttive in linea con la sovranità del Marocco sul suo Sahara.
Queste prese di posizione rafforzano la legittimità di Rabat sul piano internazionale e confermano la solidità della sua strategia diplomatica. Ma, come ha sottolineato il Re, il sostegno esterno non deve essere percepito come un trofeo, bensì come uno stimolo a continuare sulla strada del dialogo e della ricerca di una soluzione consensuale, in cui nessuna parte si senta sconfitta.
L’analisi del messaggio reale evidenzia una visione di lungo periodo che lega politica estera, sviluppo economico e coesione regionale. L’idea è chiara: un Maghreb forte e unito può diventare un attore globale, mentre un Maghreb frammentato rischia di essere marginale e vulnerabile alle pressioni esterne.
Il Re del Marocco propone un modello di collaborazione in cui l’Algeria non venga isolata, ma coinvolta in un progetto comune capace di creare benefici concreti per entrambi i Paesi e per l’intero continente africano. In un mondo dominato da grandi blocchi economici, restare divisi equivarrebbe a rinunciare al proprio potenziale.
Il messaggio è dunque duplice: determinazione nella difesa degli interessi nazionali, ma allo stesso tempo volontà di costruire ponti, di superare la diffidenza e di aprire una nuova fase nei rapporti bilaterali.
L’analisi del discorso mostra che la mano tesa del Re non è un gesto isolato, ma parte di una strategia strutturata che coniuga pragmatismo e visione. Il futuro del Maghreb passa dalla capacità di superare rivalità storiche e di abbracciare la logica della cooperazione.
Se l’Algeria saprà cogliere questa opportunità, la regione potrà emergere come uno dei poli più promettenti dell’economia globale. In caso contrario, il rischio è quello di una crescente marginalizzazione, in un contesto mondiale che non lascia spazio alle divisioni sterili.
Il messaggio di Rabat è dunque chiaro: la porta resta aperta, la mano resta tesa, e la speranza di costruire un Nord Africa unito e prospero non si è mai spenta.
Marco Baratto