Una riflessione antropologica sulla realtà quotidiana degli attuali eventi recenti nella politica

Diwp

Ago 10, 2025

La pace mondiale, ideale lungamente sognato dall’umanità, si rivela sempre più fragile e instabile. La sua fluttuazione non dipende solo da fattori bellici o economici, ma soprattutto da cause più profonde di ordine antropologico e culturale. L’essere umano, inserito in una realtà segnata da interessi divergenti, tensioni ideologiche, disuguaglianze strutturali e dalla disintegrazione dei valori fondamentali, si trova costantemente diviso tra il desiderio genuino di armonia e la persistenza di strutture che alimentano la divisione.

Negli eventi politici più recenti si nota chiaramente un ritorno a discorsi polarizzati, alla strumentalizzazione della verità, alla mancanza di rispetto per la dignità della persona e all’indebolimento delle istituzioni che dovrebbero essere garanti di giustizia e stabilità. La realtà quotidiana, segnata da insicurezza, disinformazione e paura, riflette questa oscillazione permanente tra progressi diplomatici e regressi morali. Le decisioni prese nelle alte sfere del potere incidono direttamente sulla vita del cittadino comune, che spesso si sente impotente di fronte alla logica degli interessi dominanti.

Dal punto di vista antropologico, questa instabilità rivela una profonda crisi di identità e di valori. L’uomo contemporaneo sembra aver perso l’asse del senso comune, sostituendo il dialogo con l’imposizione, la verità con un consenso artificiale, e la responsabilità con il conforto ideologico. La cultura della pace richiede molto più di trattati e vertici: esige un rinnovamento interiore della persona umana, un impegno serio per la verità, la giustizia e il bene comune. Questa esigenza, sottolineata dalla Dottrina Sociale della Chiesa, è fondamentale per la costruzione di un ordine sociale veramente umano.

Già in Mater et Magistra (1961), san Giovanni XXIII metteva in guardia contro i pericoli di un’economia e di una politica separate dall’etica, sottolineando che “la pace deve essere costruita sui principi di verità, giustizia, carità e libertà” (n. 157). Questa visione fu approfondita in Pacem in Terris (1963), dove lo stesso Pontefice affermava che la vera pace può esistere solo là dove si riconoscono e si rispettano i diritti e i doveri della persona umana, e che l’ordine morale è il fondamento di qualsiasi ordine politico stabile (cfr. nn. 6-27).

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et Spes, rafforza questa prospettiva, affermando che “la pace non è mera assenza di guerra, ma è opera della giustizia” (n. 78). La pace nasce dalla verità e dalla libertà, si sviluppa nella solidarietà e si manifesta nell’impegno concreto per il bene dell’altro. Senza questa base antropologica e morale, ogni tentativo di pace rimane vulnerabile, esposto a manipolazioni e distante dalla realtà dei popoli.

L’enciclica Populorum Progressio (1967), di san Paolo VI, va ancora oltre, stabilendo un legame diretto tra sviluppo integrale e pace. Il Papa afferma che “lo sviluppo è il nuovo nome della pace” (n. 76), indicando che la lotta contro la miseria, l’ingiustizia e la disuguaglianza è inseparabile dalla costruzione di un mondo pacifico. Ignorare i bisogni fondamentali dei popoli, emarginare interi continenti, sfruttare le risorse senza criteri etici: tutto ciò alimenta i conflitti e mina le basi della convivenza.

In questo contesto, la politica diventa un ambito cruciale. Quando è guidata da una visione antropologica cristiana, essa si trasforma in espressione di carità sociale. Come ha ricordato papa Francesco in Evangelii Gaudium, “la politica, tanto denigrata, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune” (n. 205). Ma quando la politica si allontana dall’etica, essa diventa solo uno strumento di potere e manipolazione, cessando di servire la persona umana e i suoi diritti fondamentali.

È quindi urgente recuperare una coscienza antropologica e morale che ritrovi nel cuore dell’uomo il principio e il fine dell’azione politica. Finché si ignorerà la centralità della persona umana, la pace continuerà a fluttuare al ritmo degli interessi strategici, delle manipolazioni mediatiche e delle alleanze effimere. E, in questo oscillare, a soffrire maggiormente saranno sempre i più fragili: i poveri, i migranti, le vittime della guerra, i popoli dimenticati.

Non si deve dimenticare, infine, che la pace inizia in ogni gesto quotidiano di giustizia, di ascolto e di riconciliazione. È in questi atti semplici ma profondi che si costruisce, con perseveranza e verità, una solida cultura della pace. In caso contrario, rimarremo prigionieri di una pace illusoria, fragile e superficiale, tanto volatile quanto il prossimo ciclo politico. La storia ci insegna che gli imperi passano, i trattati cambiano, ma la verità resta.

Anche se la menzogna può fare rumore, la verità vince sempre e rimarrà.

Pedro Paulino Sampaio

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