La guardo dall’alto, con un senso di riverenza e di emozione, in un pomeriggio di fine estate, dal Borj sud, la fortezza che, insieme alla sua gemella Borj Nord, è posta a guardia della medina. Mi appare come Gerusalemme dal Monte Sion, pervasa da un’aura mistica, adagiata tra i colli, racchiusa da mura come uno scrigno prezioso.
Città imperiale più antica, tra le città del Marocco è senza dubbio la più complessa da scoprire perché trasuda cultura, Storia e occorre impegno intellettuale per decodificarla e entrare in essa.
Non si rivela al turista frettoloso, in cerca di svago, divertimento o semplice relax, ma solo al viaggiatore attento, che ama approfondire e non fermarsi alla superficie.
Da quando vivo in Marocco ci sono stata spessissimo, con mio marito Fassi doc, ma ogni volta non l’ho semplicemente visitata, ma ne ho fatto esperienza.
A Fès ci si accosta con deferenza, è regale, maestosa anche nella decadenza, pomposa anche nella semplicità di un vicolo. Non una sola medina, ma ben due medine (una del VIII secolo e l’altra del XIII secolo) fuse insieme che appaiono come un immenso presepe inanimato e silenzioso.
Ma quando cammini nel suo labirinto è brulicante di vita, tra le botteghe artigiane che conservano tesori come quella di Haj Ouzzane, maestro nell’arte del broccato, un vecchietto dallo sguardo vivo ma dolcissimo che a più di ottant’anni è ancora al suo telaio a tessere, attraverso precisi calcoli matematici, raffinatissimi tessuti che serviranno per ricchi caftani e divani di sontuose dimore.
Purtroppo la sua arte scomparirà con lui, come mi confida un pò sconsolato, nonostante la presenza di qualche giovane apprendista. Fès è la vera capitale dell’artigianato e nel suo dedalo di vicoli, tra bottegucce fuori dal tempo, operosi maestri artigiani lavorano alacremente dal rame, alla lana, dalla
seta di agave, al ferro.
Balak balak, attenzione attenzione, è il grido degli “hammal” che trasportano le merci
sugli asini.
Un odore acre di pelle e un canale d’acqua poco limpida mi ricordano la vicinanza alle Concerie che sono Patrimonio Unesco e meritano di essere visitate, anche se è una esperienza forte non solo per l’olfatto. Ogni volta si rimane colpiti dai colori nelle vasche a cielo aperto e dal lavoro manuale di esperti artigiani delle pelli che lavorano con le gambe immerse in quelle tinozze.
Nella medina anche gli abitanti si perdono tra i vicoli e con difficoltà si districano nel la intricata rete di viuzze dove arti e mestieri riproducono delle scene fuori dal tempo. Fès è la città colta del Marocco, fondata da Moulay Idriss, discendente del Profeta, sepolto in un maestoso mausoleo proprio nel cuore della città vecchia, dove si trova anche una delle università più antiche al mondo: Al Qarawiyyin, fondata da una donna, Fatima Al Fihriya nell’859 la cui famiglia era emigrata a Fes da Qayrawan, città molto nota in Tunisia.
Importanti personaggi studiarono in questa università, anche non musulmani come Maimonide, filosofo e teologo ebreo.
Vi insegnarono anche il poeta Ibn Arabi, lo storico Ibn Khaldun. Vi è custodita una delle biblioteche più ricche e rinomate, recentemente restaurata, ma non ancora riaperta al grande pubblico.
Nelle vicinanze, all’interno di una piccola piazzetta, all’ombra del minareto del Mausoleo Moulay Idriss, sorge il Maristan, il primo esempio di ospedale psichiatrico risalente al 1286 dove i malati venivano curati con la musicoterapia andalusa.
Fa caldo, ci vuole una sosta in un posticino davvero unico che ho scoperto grazie a mio marito, non lontano dalla Medersa Attarine: un succo speciale con uvetta, mandorle con una pallina di gelato e un caffè aromatizzato alla zagara mi aiutano a combattere la calura e mi ridonano energia.. straordinari o meglio, moumtaz, come si dice qui.
Da Fes ElBali, la medina più antica, perdendomi tra mercati di frutta e verdura, piccoli negozietti carichi di dolci tradizionali come la chebakia, i briwat, le corna di
gazella, giungo nella medina più recente di Fes ElJadid. La imponente Bab Boujloud è una delle più famose porte di accesso alla medina.
Risalente al XII secolo e restaurata agli inizi del novecento all’epoca del Protettorato Francese, è ricoperta nella parte esterna da zellij di colore blu, il tipico colore di Fès, e all’interno di colore verde, tipico dell’Islam.
Difficile racchiudere in foto la sua bellezza, ma se si riesce ad evitare il traffico ed a scattare, l’immagine che viene restituita è meravigliosa perché il minareto verde nello sfondo si incastona perfettamente all’interno della porta.
E’ tempo di una sosta pranzo in uno dei ristoranti tipici. Dall’esterno nulla fa trapelare la bellezza che è all’interno degli edifici della medina: volte alte, mosaici, stucchi.
Anche per il palato è una esperienza indimenticabile, del resto Fès è anche la capitale
della gastronomia più raffinata del Marocco.
La tavola si riempie di deliziosi piattini in porcellana blu ricolmi di svariati antipasti: lenticchie, fagioli, zaalouk, verza con yogurt e uvetta, malva (che qui si consuma non solo per i decotti) con limone confit, “foul gnawa”, ossia piccole fave tipo lenticchie che si trovano solo a Fès. Piatto principale un fumante tajine di cardi.
Il piatto nazionale marocchino solo in questa città offre una varietà incredibile. I più raffinati tajine sono senza dubbio quello di carciofi e piselli, di mela cotogna e di molokya (un ortaggio che appare come una piccola zucchina).
La cuoca Fassia si distingue perché ci mette passione, accarezza i sapori, tagliuzza, grattugia finemente le verdure senza spazientirsi, rispetta i tempi, “fiuta” gli odori.
Ma ecco che mi viene servita anche la pietanza regale, la pastilla, pronounciata “bastila”, un piatto tradizionale della cucina marocchina soprattutto per le feste, le cui origini sono risalenti alla Spagna islamica con influssi ebraici.
È uno sformato di pasta sfoglia croccante ripieno di carne di pollo (prima si usava anche il piccione) con mandorle tritate, cannella e ricoperto di zucchero a velo.
Un’armonia di sapori tra dolce e salato, una goduria per il palato. Infine un cucchiaino di “halwa el filalya”, un dolce tipico di Fès, di tradizione molto antica, realizzato con farina, miele, mandorle, sesamo, fiori d’arancio.
Dopo un pranzo così pantagruelico difficile riprendere il cammino, ma in auto, mi dirigo verso l’esterno delle mura della medina per raggiungere il quartiere dei ceramisti dove ci sono le famosa fabbriche della rinomata porcellana blu.
Qui si possono ammirare creazioni di rara raffinatezza e assistere al lavoro paziente e certosino degli artigiani che con scalpellini e piccoli strumenti riescono a realizzare piccole tessere di mosaico. Fontane, tavoli finemente decorati, piatti, un tripudio di colori e di bellezza.
Un’ultima sosta, tornando verso la medina più recente, davanti al Palazzo Reale dalle porte dorate riccamente cesellate e una passeggiata nel vicino Mellah, il quartiere ebraico, tra botteghe di orafi.
Lo sguardo in sù per ammirare i balconi che caratterizzano gli edifici ebraici.
Di solito la visita di Fès si limita alla medina, ma è interessante passeggiare anche nella Fes Nouvelle, la città nuova di epoca francese.
È incredibile ammirare la stratificazione culturale e la fusione di stili architettonici, testimonianza della presenza ebraica (oggi limitata a un paio di famiglie) e francese dell’epoca del Protettorato. Le tipiche case ebraiche con balconcini nel quartiere Lux e le villette francesi con giardino spesso abbandonate sono in armonia con edifici più moderni. Zellij e fontane andaluse si fondono con insegne luminose di snackfood e boutique.
E il profumo di zagara avvolge tutto in un abbraccio inebriante. Nel cuore della città moderna sorge la chiesa cattolica di San Francesco d’Assisi, con il Parroco italiano, Padre Matteo, della Società Missioni Africane, da 20 anni a Fès e con una precedente lunga esperienza in altri Paesi africani.
Un sacerdote speciale, con una luce abbagliante negli occhi. La sua comunità è composta da pochi europei e per la maggior parte da ragazzi di colore che provengono dall’Africa subsahariana che a Fès studiano o lavorano.
Padre Matteo si occupa anche della pastorale e dell’assistenza ai migranti. A Fès, nella medina vive, pure, una comunità di Piccole sorelle di Gesù che coltivano lo spirito di contemplazione e fratellanza universale di Charles de Foucauld. Parlano arabo e vivono immerse nella società marocchina ben integrate in mezzo alla gente. Fès è la “capitale” spirituale dell’Islam in Marocco, non è scontato quindi che ci sia una parrocchia cattolica così dinamica e attiva. Ma è il bello di questo Paese dove il dialogo interreligioso è
concreto e reale. Il grande Giorgio La Pira, il 7 settembre 1961 istituì il gemellaggio tra Fès e Firenze con l’intento di rinsaldare l’incontro fra culture nei Paesi del Mediterraneo. In occasione del 50° anniversario del gemellaggio, nel 2011, è stata creata una “Piazza Firenze” a Fès. E qui che mi siedo in un
caffè, a fine giornata, ripensando e metabolizzando tutta la bellezza vissuta.
Lucia Noura Valori