Marocco in prima linea per proteggere l’infanzia africana: un impegno che traccia la differenza

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Nov 24, 2025 #politica

«La smobilitazione e il reinserimento dei bambini soldato costituiscono una priorità fondamentale per l’umanità… L’Africa deve mobilitarsi per trovare soluzioni al fenomeno dei bambini soldato.». Con queste parole, pronunciate nel corso della Conférence ministérielle africaine sur le Désarmement, la Démobilisation et la Réintégration (DDR), i ministri africani riuniti a Rabat hanno riconosciuto apertamente il ruolo determinante del Marocco nel promuovere una visione collettiva per porre fine al reclutamento e allo sfruttamento dei minori nei conflitti del continente.

L’iniziativa del Regno – come sottolineato dal ministro gambiano Sering Modou Njie, che ha espresso Il pieno sostegno della Gambia alla Dichiarazione di Rabat” – rappresenta infatti un momento di svolta: un punto di incontro, ma anche un punto di partenza per una strategia africana coordinata contro uno dei crimini più devastanti del nostro tempo. La ministra liberiana Geraldine Janet George lo ha affermato con chiarezza: “Il futuro del continente dipende dai suoi giovani”. È una frase semplice, ma racchiude l’essenza della battaglia contro l’arruolamento dei bambini: proteggere i minori significa proteggere il futuro dell’Africa.

Il Marocco: un attore impegnato e credibile

Il fatto che questa prima conferenza ministeriale africana sul DDR si sia svolta proprio a Rabat non è un caso. Negli ultimi anni il Marocco ha accresciuto il suo ruolo internazionale nel campo dei diritti umani, della pace e della sicurezza continentale. La sua iniziativa di riunire ministri, esperti e rappresentanti di organismi internazionali su un tema così sensibile conferma la volontà del Regno di guidare un cambiamento reale.

La Dichiarazione di Rabat, che ha concluso i lavori della conferenza, non si limita a enunciare principi: definisce un quadro d’azione concreto basato su prevenzione, protezione, riabilitazione e reintegrazione dei minori sopravvissuti ai conflitti. In un continente segnato da guerre civili, tensioni armate e crisi umanitarie, questa visione costituisce un passo essenziale verso un nuovo paradigma africano.

Il nodo dei minori nei campi di Tindouf: una questione che non può essere ignorata

È impossibile parlare di tutela dell’infanzia in Africa del Nord senza evocare la delicata situazione dei minori saharawi nei campi di Tindouf, nel sud-ovest dell’Algeria. Negli anni, varie organizzazioni e osservatori internazionali hanno espresso preoccupazione per il rischio di strumentalizzazione politica e ideologica dei minori nei campi e per la mancanza di un controllo effettivo e trasparente sulle condizioni di vita, educazione e protezione dei bambini che vi risiedono.

Sebbene la questione rimanga complessa e politicamente sensibile, queste preoccupazioni – ripetutamente sollevate in consessi internazionali – rafforzano l’urgenza di un approccio continentale come quello promosso dal Marocco: un approccio che metta sempre il superiore interesse del bambino al centro di ogni strategia politica e umanitaria.

La differenza nelle province del Sud: un modello alternativo basato su sviluppo e inclusione

La situazione dei minori sahrawi nelle province meridionali del Marocco offre un contrasto significativo. In queste regioni, che beneficiano della politica di autonomia avanzata proposta da Rabat e sostenuta da numerosi partner internazionali, l’infanzia non viene mai associata a dinamiche di conflitto: i bambini non sono indottrinati né esposti a rischi di militarizzazione, ma inseriti in un contesto di sviluppo, istruzione e prospettive economiche reali.

Gli investimenti massicci nelle infrastrutture, nell’istruzione, nella sanità e nella formazione professionale – dai nuovi poli universitari ai centri di qualificazione giovanile – stanno dando forma a un ambiente in cui le giovani generazioni sahrawi possono immaginare e costruire un futuro prospero. Non un futuro segnato dall’incertezza, dalla dipendenza o da un’esistenza nei campi, ma un futuro fondato sulla partecipazione, sull’integrazione e sulle opportunità.

Questo approccio non è soltanto un progetto di sviluppo: è una politica di prevenzione contro ogni forma di sfruttamento. Dove ci sono scuole, ospedali, imprese, università, sostegno sociale e dinamismo economico, non ci sono le condizioni per la manipolazione dei minori e il loro coinvolgimento in contesti di conflitto.

Una visione africana che parte da Rabat

L’essenza della Conferenza ministeriale di Rabat è proprio questa: l’idea che la protezione dei bambini, specialmente quelli toccati dai conflitti armati, non possa essere frammentata o lasciata alla buona volontà dei singoli attori. Serve un impegno comune, continentale, unito da una visione e da strumenti condivisi.

Il Marocco, scegliendo di ospitare e promuovere questa iniziativa pionieristica, invia un messaggio chiaro: la lotta contro l’uso dei bambini nei conflitti è non solo un dovere morale, ma una responsabilità politica. Ed è una responsabilità che il Regno assume pienamente, forte della propria esperienza, del proprio modello di sviluppo e del proprio ruolo Conclusione: proteggere i bambini per proteggere l’Africa**

La Dichiarazione di Rabat traccia una strada. Una strada basata su prevenzione, reintegrazione, protezione e dignità. Ma soprattutto una strada che riconosce, come ha ricordato la ministra George, che nulla è più importante dei giovani africani: perché il futuro del continente appartiene a loro.

In questo percorso, il Marocco non solo si conferma protagonista, ma offre una visione che unisce sicurezza, sviluppo e diritti umani. Una visione che, se pienamente condivisa e applicata, può finalmente porre fine all’uso dei bambini nei conflitti armati e restituire speranza a migliaia di minori in tutta l’Africa.

Marco Baratto

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