Il Sahara e la svolta mancata: perché l’Italia deve tornare a parlare con Rabat

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Lug 28, 2025 #Marocco, #politica

Riflessione a pochi giorni dalla Festa del Trono

Negli ultimi ventisei anni, il Marocco ha perseguito con determinazione una politica di pacificazione e riconoscimento internazionale della propria sovranità sulle province meridionali, un’azione che richiama lo spirito della storica “Marcia Verde”. Questo approccio graduale, ma costante, ha portato a un progressivo consolidamento della presenza marocchina nel Sahara occidentale, sostenuto da un piano di autonomia avanzata che ha guadagnato l’appoggio di gran parte della comunità internazionale.

L’attuale sovrano marocchino si è posto in chiara continuità con l’opera del padre, Hassan II, portando avanti una visione che ha dato forma a un vero e proprio Risorgimento marocchino. Dopo l’indipendenza e la Marcia Verde del 1975, il Marocco ha proseguito in un processo di radicamento istituzionale e sviluppo territoriale delle province sahariane, rendendo questo progetto una componente imprescindibile dell’identità nazionale.

Oggi, il piano di autonomia avanzata proposto da Rabat rappresenta l’unico progetto politico realistico e credibile per risolvere il contenzioso sul Sahara occidentale. Sempre più Paesi nel mondo hanno riconosciuto la validità di questo approccio, ritenendolo uno strumento efficace per contrastare le pressioni di attori esterni che minano l’unità nazionale del Regno e alimentano l’instabilità in un’area geostrategica cruciale.

Tra i sostenitori di questa iniziativa vi sono potenze di primo piano come gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Anche la Spagna, storicamente coinvolta nella questione sahariana, ha cambiato rotta, aderendo alla visione marocchina e sottolineando l’importanza del piano di autonomia. In Europa, 24 dei 27 Stati membri dell’Unione Europea condividono la stessa posizione. Tutti, tranne l’Italia.

Oltre 123 Paesi membri delle Nazioni Unite oggi sostengono apertamente l’iniziativa marocchina. L’adesione più recente, in ordine cronologico, è quella della Macedonia del Nord, che il 20 luglio ha dichiarato il proprio appoggio al piano di autonomia. A testimonianza di un cambiamento tangibile sul terreno, oltre trenta Paesi africani, arabi e latinoamericani hanno aperto consolati nelle città sahariane di Laâyoune e Dakhla, un riconoscimento implicito, ma inequivocabile, della sovranità marocchina sull’area.

Tuttavia, l’Italia sembra essere rimasta ferma in una posizione di attendismo strategico, incapace di prendere una posizione chiara. Questo atteggiamento è percepito con crescente fastidio a Rabat, un partner storico del nostro Paese, che da anni attende un segnale politico concreto da parte di Roma. Nel frattempo, l’Italia ha spostato progressivamente il proprio baricentro magrebino verso Algeri, scelta giustificata dalla necessità di garantire la sicurezza energetica a seguito della crisi russo-ucraina.

Ma questo sbilanciamento rischia di trasformarsi in un disallineamento diplomatico, non solo con i partner del Nord Africa, ma anche con la maggior parte degli alleati europei. La politica estera italiana appare improntata più alla reattività rispetto ai vincoli energetici che a una visione strategica di lungo periodo. Il rapporto con l’Algeria, infatti, non garantisce automaticamente un trattamento privilegiato, né offre solide garanzie nel tempo. Al contrario, rischia di chiudere all’Italia spazi di manovra preziosi su altri fronti regionali.

Il Marocco rappresenta, da decenni, un interlocutore stabile e strategico per l’Italia nel Mediterraneo e in Africa. I legami storici, economici e culturali tra i due Paesi costituiscono una base solida su cui costruire una cooperazione strutturata. Ignorare il nuovo assetto geopolitico che si sta consolidando nel Maghreb significa rinunciare a un ruolo attivo nella definizione degli equilibri futuri dell’area. Le scelte dettate da esigenze contingenti – come l’approvvigionamento energetico – non dovrebbero compromettere alleanze strategiche di lungo periodo.

È necessario un ripensamento profondo della strategia italiana nel Nord Africa. Roma deve uscire dalla “zona grigia” e riconquistare la propria sovranità diplomatica, riaffermando una linea autonoma e coerente, che tenga conto degli sviluppi reali sul campo e delle dinamiche internazionali. Mentre il mondo si muove, l’Italia resta immobile, e il rischio è quello di essere esclusa da giochi decisivi per la stabilità e la prosperità dell’intero bacino mediterraneo.

Riconoscere la validità e la legittimità del piano di autonomia marocchino non significa schierarsi acriticamente, ma accettare una realtà ormai consolidata, che ha ottenuto ampi consensi su scala globale. Significa anche restituire dignità a un rapporto bilaterale che, negli anni, ha portato benefici concreti per entrambi i Paesi. È tempo, quindi, di ricucire il dialogo con Rabat e di recuperare una relazione strutturata, basata sulla fiducia, la cooperazione e il rispetto reciproco.

L’Italia non può permettersi di restare indietro. Se vuole tornare a essere protagonista nel Nord Africa e nel Mediterraneo allargato, deve abbandonare l’ambiguità e assumere una posizione chiara. In un mondo in rapido mutamento, la neutralità passiva è una scelta che pesa. E rischia di costare cara.

Marco Baratto

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