La 93ª Assemblea Generale dell’Interpol a Marrakech ha confermato il ruolo centrale del Marocco nella sicurezza globale e il discorso di Abdellatif Hammouchi, direttore generale del polo DGSN-DGST, ha evidenziato l’urgenza di una strategia internazionale integrata contro le minacce transnazionali. Hammouchi ha sottolineato come criminalità organizzata, terrorismo e cybercriminalità operino ormai in uno spazio privo di confini geografici e normativi, con reti criminali che si sviluppano nel cyberspazio e operano simultaneamente su più continenti. Questa trasformazione delle minacce impone una risposta coordinata e rapida, basata su infrastrutture comuni di comunicazione e sistemi di scambio di dati altamente sicuri. Il Marocco, sotto le direttive di Sua Maestà il Re Mohammed VI, ha sviluppato un modello di sicurezza che unisce efficienza operativa e rispetto dei diritti fondamentali, con un approccio che non si limita alla repressione ma integra programmi di reinserimento, prevenzione della radicalizzazione e rieducazione sociale. Questo modello, già riconosciuto a livello europeo e internazionale, dimostra come sia possibile coniugare fermezza e umanità nella gestione delle minacce terroristiche.
L’Italia, in questo scenario, ha molto da guadagnare nell’approfondimento dei rapporti con il Marocco nel settore della sicurezza e dello scambio di informazioni sensibili. La geografia mediterranea unisce i due Paesi in un destino comune, dove migrazione irregolare, narcotraffico, reti jihadiste e traffici illeciti sfruttano vulnerabilità condivise. Rafforzare la cooperazione bilaterale significherebbe migliorare la capacità di prevenzione e risposta del sistema italiano, grazie all’esperienza marocchina nelle tecniche di sorveglianza digitale, nelle operazioni antiterroristiche e nel monitoraggio dei movimenti sospetti attraverso frontiere multiple. La collaborazione con i servizi di intelligence marocchini, tra i più efficaci dell’area arabo-africana, ha già contribuito in passato a sventare attacchi e a fornire informazioni decisive alle autorità europee.
L’Italia dovrebbe investire ulteriormente in questo legame strategico, promuovendo accordi di cooperazione permanente e progetti comuni di formazione e scambio operativo tra le rispettive forze di sicurezza. Il Mediterraneo non è soltanto una frontiera naturale, ma un crocevia di flussi commerciali, culturali e — purtroppo — anche criminali. Per questo, la tutela della sua stabilità passa necessariamente da un approccio collettivo. Hammouchi ha evidenziato come “la sicurezza non sia più una missione locale”, e questa affermazione assume un significato particolare per Paesi come il nostro: nessuna nazione, da sola, è in grado di monitorare e intercettare reti criminali che operano su scala globale. È necessario, dunque, un salto di qualità diplomatico e istituzionale. L’Italia, storicamente ponte tra Europa e Africa, ha tutto l’interesse a sostenere il ruolo del Marocco come partner affidabile e come piattaforma di stabilità regionale. In prospettiva, una partnership strategica Italia–Marocco nel campo della sicurezza potrebbe migliorare la gestione dei fenomeni migratori, rafforzare la protezione delle infrastrutture sensibili, stabilire nuovi protocolli di scambio in tempo reale di dati operativi e contribuire alla costruzione di una sicurezza mediterranea integrata.
Le parole pronunciate a Marrakech non sono state un esercizio accademico, ma un monito operativo: di fronte a un crimine che non riconosce confini, la risposta deve essere condivisa, interoperabile, multilivello. L’Italia ha oggi l’opportunità — e la responsabilità — di rispondere con un impegno concreto. Guardare al Marocco come partner e non solo come vicino geografico significa adottare un approccio moderno alla sicurezza, fondato su collaborazione, fiducia e integrazione. Rafforzare i legami con Rabat non rappresenta un semplice gesto diplomatico, ma un vero investimento strategico per il futuro della sicurezza italiana ed europea.
Marco Baratto
